Sailor Free, SPIRITUAL REVOLUTION PART 2 (2016)

sailor freeI romani Sailor Free tornano con un lavoro che, come spesso non capita, supera di gran lunga il pecedente

Ci sono molti gruppi nel rock ai quali l’ispirazione romanzata di Tolkien sembra abbia contribuito molto; e così spinti ancora da una letteratura fantasmagorica questa volta vi proponiamo il lavoro di una band le cui sonorità ci son piaciute, e molto.

Per questa seconda produzione i Sailor Free si sono mossi, prendendo a canovaccio la storia di Beren e Lúthien, un racconto contenuto all’interno del Silmarillion di Tolkien che riesce ad avere l’intensità e la forza di affrontare grandi temi universali come l’Amore, il Tradimento, la Ricerca, la Condivisione della Conoscenza. In genere quando si ascolta e si lavora su di un’opera nuova legata a tematiche letterarie, si ha quasi sempre a che fare con una sorta di genesi del cambiamento temporaneo.

La proposta di recensione che ci è giunta è sembrata sin da subito interessante per le sonorità soft (e non solo) che in brani come “The Fugitive” ci riportano indietro a certo sound delle “porte della percezione” (Doors). Certo, questi ragazzi non sono i Doors, pur rievocandone in alcuni pezzi i grandi rocker, ma hanno un qualcosa di appena percettibile che ci rimanda a loro.

Già con la realizzazione del loro primo, Spiritual Revolution Part I, i Sailor Free hanno dato avvio al loro percorso tra solchi sperimentali e progressive marchiati anche di una certa concettualità, espressa e messa in linea con un’uso della lingua inglese che ben si presta, come sappiamo, a musicalità (qualsiasi essa sia).

Di sicuro qui si può parlare, e a giusta ragione, di un rock spirituale che investe anche l’animo di chi ascolta, rimandando indietro ai fasti mitologici di gruppi rock che hanno fatto epoca, ai quali possiamo anche aggiungere i Cult, anche loro influenzati da Morrison e da un certo Hendrix che, qui, in questo disco non troviamo.

Il gruppo del quale vi stiamo parlando merita però di essere seguito se i risultati che abbiamo di fronte sono quelli che sentiamo in cuffia in questo momento. Prodotto per la Tide, l’album si presenta con una musicalità notevole che fa apprezzare tutto il lavoro al quale il gruppo ha di certo dedicato molte energie.
Il disco è pieno di tante sonorità miscelate alla perfezione che fanno risaltare anche un buon rock, tagliente al punto giusto, senza frastuoni o rumori fuori fase, vale a dire che questi Sailor Free oltre ad essere bravi compositori si meritano l’appellativo di “musicisti colti” (e non esagero anche se è mia convinzione personale). Non è facile di questi tempi trovare nelle produzioni rock ciò che ti costringe per voglia a riascoltare. Oggi che la musica viaggia con la velocità di internet, spesso, dopo uno o due ascolti, passi ad altro, raramente accade di tornare a risentire un disco. State certi che questo disco, invece, lo riascolterete, e spesso.

Spiritual Overture II brano di apertura, breve, conciso e spaziale, ti proietta già nelle nebbie di una terra art-rock contaminata da quel Tolkien di cui parlavamo precedentemente. Un minuto ed undici secondi che chiudendo gli occhi mi ha riportato indietro al 1972, a quel lavoro che tutti ricordiamo essere stato girato a Pompei.

Ma se l’introduzione ti proietta questa immagine, con il secondo brano The Maze of Babylon, la splendida minimale apertura jazz-rock ti proietta invece in un rock melodico ed armonioso dove i piatti e una splendida chitarra richiamano a musicalità crimsoniane. Qui, sia David Petrosino (voce, piano, tastiere) e Stefano Barelli (chitarre) sono l’unione e l’organizzazione di un sound che non ti lascia indifferente all’ascolto. E comunque la band si sente tutta nella sua omogeneità fatta di progressive, jazz-rock, hard, e rock. Che gruppo mi è capitato anche stavolta.

Society appare sin da subito uno sperimentale prog rock dove l’influenza di ritmiche alla Cure si fanno impercettibilmente sentire, ma nonostante questo paragone, la libertà delle scelte sonore della band le si sentono. Una cosa è certa: la musica composta per questo pezzo dà il senso al titolo che è stato dato. Ascoltare per credere.

The Fugitive è un’ulteriore segnale delle capacità sonore di questi ragazzi. Il sound scorre fluido tra suoni di tastiera e basso con una vellutata ritmica che ti fa pensare a lunghi percorsi autostradali. Personalmente, l’immagine che mi è sin da subito apparsa, è quella di una strada assolata che richiama un film di Oliver Stone dedicato al Re Lucertola. Ecco uno dei motivi per cui all’inizio di questa recensione parlavo di una certa comunanza dei Sailor Free con la psichedelia dei Doors. Ascoltate questo brano come sottofondo al trailer di presentazione del film di Stone. Io l’ho provato, il tutto calza a pennello, dalla voce, alle armonie, alla ritmica di The Fugitive. Saranno stati ispirati? Non credo, qui c’è tanta bravura compositiva che si conclude con un’idea ancora più psichedelica. Una band così, capace di spaziare da un sound ad un altro con una tecnica ed una semplicità notevoli, si incontrano di rado. Questi ragazzi sanno farlo con semplicità. Sarà lì la loro forza?

La quinta traccia, Amazing, pilotata da una tastiera semplice ed essenziale nei suoni, ci proietta in campi di note tranquille, cucite sullo spartito con una sequenzialità spontanea, naturale, lineare. Il susseguirsi in una sorta di psichedelico rock gotico intriso di vellutati accordi, sono il tessuto dove far viaggiare la splendida e calda voce di David Petrosino.

Game over. It’s me con una sorta di introduzione pinkfloydiana, forse più alla Muse, è un brano che lascia poco all’immaginazione anche per la sua breve durata. Il sound però è ben amalgamato da una ritmica forte sulla quale è sovraincisa la timbrica vocale. Nonostante ciò anche qui viene esaltata la bravura strumentale del gruppo.

Come con We are legion dove i Sailor Free dimostrano una grande abilità nel miscelare tutta una serie di idee che producono suoni ampi e cupi pur avendo il brano un’introduzione tipicamente prog. La voce sormonta le tastiere in maniera pregevole con un sound che lascia ampio spazio ad armonie e imbastiture che sfociano in un rock d’altri tempi.

Special laws è invece con il suo jazz rock introduttivo e progressive un tappeto armonico di un brano che a noi è piaciuto più di tutti. Anche qui, a farne da padrone, sono le voci e una ritmica marziale che introduce ad ulteriori sequenze che ci avvicinano a quel mondo tolkeniano che ha ispirato l’intero lavoro. Mi verrebbe da dire che i Sailor free ci portano ad esplorare un mondo sonoro fatto di sensazioni a fior di pelle e di stati di immaginazione unici.

Cosmos, riproduce, anche se in maniera del tutto personale, suoni cari ai Pink Floyd. Trame sonore che sembrano provenire dal cosmo danno la sensazione di trovarsi nello spazio interstellare. Sembrerebbe che il brano abbia ben poco da dire, ma se riascoltato più di una volta c’è da pensare che tutto sia stato ideato per staccare un po’ la spina dal tran tran quotidiano che ci perseguita. E allora, lasciamoci trasportare da questi suoni-rumori alla scoperta di una tranquillità che non ci appartiene più.

Con About time si ritorna alla ricerca di quelle atmosfere, a volte surreali, di una band che sa già di essere grande. E se con il brano precedente è stata trasmessa energia positiva, con About time viene data alternanza alla proposta di un rock che ha gran classe con delle invasioni verso il post rock di assoluto livello. Il tutto poi è completato in modo perfetto nel contesto e nel “mondo” nei quali questo brano trova la sua origine.

Revolutionary soul oltre ad essere il brano che chiude questo lavoro è il prodotto conclusivo di un intero disco che viaggia in una serie di contesti diversificati. Infatti, come ha scritto Gabriele Bacchilega su Rockit, “questa band poliedrica che applica hard rock, progressive, psichedelia, musica etnica…appena ti sembra di aver capito il pezzo, ti spiazza cambiando radicalmente traiettoria mantenendo comunque quota e coordinate sonore precise”.

Cosa aggiungere allora in conclusione? Se Spiritual Revolution, album d’esordio dei Sailor Free è stato definito disco di grande valore, con i suoi quattordici pezzi che narrano, trasudano passione, speranza, feeling, grazie anche a fini orchestrazioni delle tastiere di Petrosino e dei riff calibrati di Barelli, questo secondo lavoro è da consacrarsi e collocarsi nelle nostre raccolte musicali, qualunque esse siano.
Non è facile di questi tempi, in un panorama musicale così diversificato, trovare band che guardano al rock con così tanta autorevolezza.

Allora non dimenticatevene e correte ad ascoltare Spiritual Revolution Part II.

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