Alice Cooper – Killer

killerKiller di Alice Cooper è un  lavoro che si presenta ancora fortemente legato alla produzione precedente, sia come approccio compositivo che come mentalità generale, anche se include influenze molto più moderne, che sono quelle tipicamente relative agli anni ’70. Questa sorta di unione dà voce ad uno dei lavori forse meno conosciuti di Alice Cooper, di certo (secondo noi) il migliore di tutta la sua produzione musicale.

Killer è il risultato dell’impegno del gruppo, perfezionato da quello del produttore Bob Ezrin, che tra l’altro firma ben due pezzi oltre a intervenire alle tastiere. Inoltre, Killer può a ragione essere considerato l’apripista di quanto avverrà successivamente quando Cooper affronterà la sua carriera solista, insomma un disco apripista ed anticipatore del futuro Alice Cooper.

Alice, firma qui solo cinque degli otto brani brani dell’intero lp lasciando alla band che lo accompagna la maggior parte delle composizioni; certo però che al di là di questa situazione da studio, dove la voce di Cooper è  in grado di esaltare, soprattutto in fase “live” la stessa sonorità vocale è in grado di conferire ancor più a Killer quel risultato che solo un artista con le sue capacità è in grado di dare.

Non è un caso se questa produzione è quella che anticipa la definitiva consacrazione dell’artista che esploderà, anche nelle vendite, con il successivo “School’s Out” del 1972.

Prima di addentrarci però in una più approfondita riflessione su questo Lp è necessario evidenziare che Killer è un album a tutt’oggi considerato tra i classici del rock, un disco in cui continua la ricerca nel più oscuro lato della vita, un impegno artistico che porta Cooper a la sua band a fondere un rock solido ma ben amalgamato con una tagliente ironia.

Killer è senza dubbio il miglior album di Alice Cooper, ma è anche uno dei migliori dischi di rock pubblicati nel 1971 e come dicevamo prima, Killer diventa ben presto la realizzazione della promessa iniziale fatta con la pubblicazione dei primi tre album, Pretties For You, Love It To Death ed Easy Action.Come tutto il materiale che compone l’album, il brano di apertura Under My Wheels è un’esplosione a tutto gas dove la miscela che muove la macchina è una sorta di connubio tra hard rock e pure rock’n’roll. Basti pensare all’apertura del pezzo per rendersene sufficientemente conto: batteria che dà ritmo ed una stilettata chitarristica impongono da subito al brano quello che diventerà poi, per molte band di la a venire, la battuta imposta anche dalla chitarra ritmica in questa piece. E se il buongiorno si vede dal mattino…..E’ invece Be Me Lover che a me, personalmente ricorda i tipici riff della chitarra di Lou Reed e non è un caso; infatti, Bob Ezrin che partecipa all’album di Cooper come strumentista ma ne è anche il produttore, sarà poi nel 1973, arrangiatore e produttore di quel lavoro unico che ha cambiato il rock, “Berlin”, e che ha visto, tra gli altri la partecipazione di Steve Winwood, Jack Bruce ed altri. Tornando al brano, “Be Me Lover” è un pezzo dove la chitarra padroneggia in maniera sublime con un finale che viene appositamente rallentato per dare più enfasi alla musicalità dell’intera traccia. Per farvi un’idea provate ad ascoltare prima Sweet Jane di Lou Reed e poi questo Be Me Lover di Alice Cooper; sarà, ma le aperture mi sembrano…Halo Of Files ha invece un’apertura che mi ricorda, in forma rallentata, un altro brano rock che molti conoscono, quell’Innuendo dei Queen…ma lì, comunque, è tutta un’altra storia. La trance in questo brano prende forma sin dall’inizio per svilupparsi poi in sonorità differenti durante tutto il brano, insomma una sorta di anticipazione degli intrecci e dei cambi ritmici che saranno più in là le basi del prog. Qui la voce di Alice è  si può dire raggiunge la sublimazione; non di meno la batteria ed un basso che detta il ritmo sapientemente…e che basso!Con il successivo Desperado sembra di riascoltare in alcuni passaggi gli “amati” Doors di Jim Morrison; qui l’immaginario cooperiano ci proietta in una sorta di western dove causticità, orchestrazioni, e chitarre affrescano la storia di un pistolero. Ma la traccia in questione è anche teatrale e buia, e l’apertura con chitarra acustica ed il quasi cantato (appunto alle Morrison) danno al pezzo una sonorità che colpisce. Sarà ma per me è il pezzo più bello di tutto l’album. A parte i successivi due brani You Drive Me Nervous
e Yeah, Yeah, Yeah sui quali per scelta non ci soffermiamo, è Dead Babies che ci colpisce perché insieme a Killer rappresentano, da soli, l’apice di questo album shock rock. L’apertura acustica e lenta di Killer sono la base per la splendida voce di Alice che … in certi passaggi …. ricorda ancora il grande Jim. Non è una critica negativa quella che qui facciamo, ma siamo abituati a porre ai nostri lettori sfumature che spesso sfuggono anche ad orecchie attente. La chiusura poi di Killer è un susseguirsi di altri generi più bluseggianti che rock. Insomma, Killer è davvero l’album che apre la porta della consacrazione agli altari del rock di questo artista trasformista che ha comunque saputo separare sempre dal palco l’uomo Alice Cooper.

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