Alice Cooper – Goes To Hell

Alice_Cooper_-_Goes_To_HellCi chiediamo: chi dopo il Dante nazionale ha mai potuto viaggiare negli abissi satanici ed infuocati? Come, non lo sapete? Ma è Cooper, anzi l’Alice Cooper che fa viaggiare chi lo ascolta nel paese delle …. meraviglie, anzi  no, degli inferi. E fu così che mentre album dopo album proseguiamo nel raccontare la sua musica, il nostro Vincent Furnier questa volta, pur non abbandonando i suoi messaggi satanici ed i suoi più intensi incubi, ci fa giungere a questo “Goes To Hell” che sembra un vero e proprio concept per il modo in cui  la storia viene narrata.

Dopo la separazione dalla band, è questo il suo secondo lavoro da solista che risale come pubblicazione al giugno del 1976.

Il periodo però, per Cooper uomo, non è dei migliori in quanto sia la vita personale che la sua salute sono costantemente in pericolo, ma al di là di ciò, l’artista Cooper è capace comunque di continuare a produrre musica.

Il Cooper di questo periodo è un artista che ha molto a che fare con altri grandi del rock, come Bowie ad esempio,  anche se Goes To Hell resta un album che appare come una prosecuzione di Welcome To My Nightmare ovvero, la continuazione della storia di Steven.

Goes To Hell è così fondamentale per lo stesso Alice che copre gran parte delle scalette proposte nei live che lo vedono in giro per il mondo, ed è così importante da essere in gran parte riproposto fino al 2000.

L’album ha poi nella traccia di apertura iniziale quasi una colonna sonora da videogiochi (non a caso sarà infatti utilizzata per il gioco Grand Theft Auto IV: The Lost and Danned).

Questo nuovo lavoro di Cooper conferma il ruolo importante che l’artista riveste nella scena rock – almeno di quel tempo – anche se poi, per chi conosce a fondo la storia di Alice,  e le molteplici sfaccettature della musica rock, nel disco ci sono spesso cadute di stile che ben poco si addicono al personaggio che Cooper ha costruito.

Personaggio a parte però, l’album conferma da un’altro lato, la vena creativa del momento che mette Cooper nelle condizioni di scrivere completamente l’intero album in collaborazione del fido produttore Bob Ezrin e del chitarrista Dick Wagner; certo le ballate rock ci sono, eccome, ma l’artista che conosciamo esteriormente si presenta qui in tutte le sue paranoie come nel brano I Never Cry che è una vera e propria confessione sulla sua dipendenza alcoolica.

Insomma, in questo disco Alice Cooper fa convergere tutti i suoi problemi, dall’anemia all’acoolismo che influenzerà successivamente, fino al 1983, tutte le sue produzioni.

Ma il 1976 è anche uno degli anni in cui il rock si trasforma in new wave e punk,  e sono proprio queste trasformazioni che fanno pensare a Goes To Hell come una scialba e poco originale creatura. Un album, insomma, leggero ma di concetto, anche se poi così leggero alla fine non lo è; basti per questo ascoltare Guilty che con le chitarre di Hunter e di Wagner diventa in realtà una delle più dure.

E poi che dire di uno dei passaggi testuali fondamentali di quest’album contenuto proprio nel brano di apertura Goes to hell?

“Per aver costantemente bevuto alcool

e fatto giochi da’azzardo

Per aver fatto dubitare delle autorità ai nostri genitori

Per aver scelto di essere un’oscenità vivente

Puoi andare all’inferno!”

Qui c’è tutto il Cooper artista che conosciamo ed abbiamo seguito con interesse per anni e  forse è proprio qui, in questo passaggio,  che sta il segreto del suo secondo disco da solista, del Cooper che continua nella sua discesa all’inferno.

Goes To Hell non mette d’accordo in tanti, infatti c’è chi lo considera un passaggio, chi un buon lavoro, chi come noi – anzi me – gli dà solo una strampalata sufficienza – ma è una sufficienza data alla creatività di un artista che è stato più e più volte imitato, ma che comunque rimane unico.

 

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