Quando il rock divenne musica colta – Intervista a Fabio Rossi

Fabio RossiFabio Rossi realizza una sorta di Bignami “colto”, un saggio breve ma completo all’inverosimile di essenzialità. “Quando il rock divenne musica colta: STORIA DEL PROG” è un saggio che traendo spunto dalla personale esperienza, spazia con leggerezza e sapienza tracciando una storia di genere ma essenziale. E, logicamente, sono gli anni ’70 a farla da padrone. Ne abbiamo parlato con l’autore e ne è nata questa intervista.

Raffaele Astore Allora Fabio, come nasce l’idea di fissare su carta una breve storia del prog che se pur breve è comunque ricca di spunti essenziali soprattutto per chi con il rock ed il prog ha vissuto anche il decennio  ’70 in maniera non marginale?

Fabio Rossi La genesi del mio primo libro ha radici lontane che risalgono al periodo (2009 – 2014) in cui scrivevo per il sito www.metallized.it. Avevo notato nei commenti dei giovani lettori un certo interesse per il rock degli anni settanta e per tale motivo mi feci promotore con la redazione per pubblicizzare quella tipologia di musica in un sito dove, come si può dedurre dal nome stesso, si trattava esclusivamente heavy metal. Vennero create delle rubriche ad hoc, come “Raccontare il mito” o “Legends of Rock”, nelle quali si ricordavano i concerti dell’epoca e si narravano le storie dei gruppi più importanti. Furono scritte, inoltre, le recensioni di tantissimi album storici ed il riscontro fu entusiasmante specie per il progressive. Quando decisi di lasciare il sito per abbracciare il sogno di diventare scrittore, orientai la mia prima opera sul prog, genere da me sempre amato, con il deliberato intento di destare curiosità nei giovani che non sono assopiti come si pensa. Scelsi, pertanto, un formato snello e utilizzai volutamente un linguaggio semplice evitando il solito tomo prolisso e saccente tipico dei saggi musicali che finisce per interessare solo gli appassionati più incalliti. Nello stesso tempo, però, avevo la pretesa di creare un prodotto il più possibile esaustivo con tanto di riferimenti autobiografici e note esplicative, nonché una sorta di mappa che orientasse il neofita nel complicato mondo del rock progressivo. Un libro, in definitiva, che poteva essere letto da tutti in pochi giorni, che non doveva finire presto ad ammuffire negli scaffali delle librerie e che venisse utilizzato come un manuale per acquisire le basi per approfondire i molteplici aspetti che plasmano l’universo prog. Ci tenevo, inoltre, a risvegliare i ricordi delle persone che hanno vissuto quel magico periodo e che magari, presi dai problemi della vita, hanno nel tempo accantonato la loro passione giovanile. Un progetto ambizioso,lo ammetto, ma a distanza di un anno e mezzo circa dall’uscita del libro, tre ristampe e oltre mille copie vendute, posso dire di aver centrato in pieno quelli che erano i miei obiettivi. E’ una grande soddisfazione per me essere avvicinato dai giovani contenti di essersi appassionati al rock progressivo per merito del mio libro o da attempati che mi abbracciano dicendomi frasi del tipo “Fabio, grazie di avermi riaperto lo scrigno dei ricordi!”…. sono soddisfazioni che non hanno prezzo!

Raffaele Astore Oltre a dichiaralo in modo esplicito, la tua è una passione “infinita”, come infinita è l’evoluzione del prog che partendo dai King Crimson con il loro fondamentale album, In The Court Of The Crimson King, arriva ad essere rivalutato anche in questi ultimi anni con il formarsi di nuovi gruppi come ad esempio i Marillion? Il ritorno ad un genere così particolare è secondo te dovuto a cosa?

Fabio Rossi Indubbiamente negli ultimi anni stiamo assistendo al rifiorire del genere prog, sebbene rimanga relegato alla sfera underground. Il fenomeno è ben presente in  Italia dove molte formazioni del passato si sono riformate (Metamorfosi, Semiramis e Il Rovescio della Medaglia) e tantissimi nuovi gruppi (Mad Fellaz, Barock Project, Il Tempio delle Clessidre, La Fabbrica dell’Assoluto, Ingranaggi della Valle) si stanno dando da fare pubblicando album interessanti. Ritengo che la profonda crisi in cui ristagna la musica contemporanea abbia finito per favorire questi due fenomeni. C’è voglia di riverberare il glorioso passato del rock progressivo, pur nella consapevolezza che è piuttosto difficile se non impossibile essere innovativi, e in molti si sono stufati delle nefandezze che si ascoltano a ripetizione in radio o in televisione: sta tornando il desiderio di impegnarsi nel comporre, vivaddio!

Raffaele Astore Il tuo libro fa spesso riferimento agli anni ’70, agli accadimenti di quel periodo, ai festival. Importante per tutto il racconto del libro riveste poi il 1969 anno di pubblicazione di In The Court Of The Crimson King che coincide con il definitivo avvento del prog. Tu in realtà all’epoca avevi solo otto anni. Cosa ti ha influenzato di quel periodo e come mai?

Fabio Rossi Nel mio libro spiego che mi sono avvicinato al rock progressivo nel suo periodo crepuscolare. Nel 1977 avevo sedici anni e frequentavo il liceo classico. Nei periodi di autogestione dell’istituto si leggeva Ciao 2001 e si ascoltavano i dischi che alcuni solerti compagni portavano da casa. All’epoca erano da poco usciti Animals dei Pink Floyd, Works Vol. I degli E.L.P. e il doppio live dei Led Zeppelin, ma c’erano tanti altri 33 giri di qualche anno prima degli Yes, Genesis, Gong, Jethro Tull e via dicendo che mi spalancarono letteralmente le porte di un mondo fino ad allora sconosciuto.  Sono passati quarant’anni e sto continuato a vivere in quel mondo e mi sa che non ne uscirò più!

Raffaele Astore Andiamo nel dettaglio: Un tentativo di organizzare l’anarchia, dichiarazione di Fripp. Nel progressive gli strumenti appaiono, forse, un po’ anarchici spesso però, alla fine l’anarchia è anche simbolo di ordine. Quanto il prog, ma il rock in genere è stato o è anarchico?

Fabio Rossi Il rock ha rotto gli schemi, quindi è anarchico. Inserendo nuovi strumenti, stravolgendo la forma canzone, realizzando suite o concept album si è dato corso a un’autentica rivoluzione nel mondo delle sette note. Si sono prese le distanze dal canone sino ad allora seguito, per cui non si può non essere d’accordo con Fripp. L’anarchia non è però da interpretare come disordine. Si pensi alle lunghe composizioni del rock progressivo che erano meticolosamente studiate a tavolino e non c’era spazio per alcun tipo di improvvisazione tipica delle jam session. Direi che in definitiva il rock potrebbe essere definito una sorta di “anarchia organizzata”.

Raffaele Astore Nel 1967 viene pubblicato Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Quale è in questo lavoro secondo te il confine tra progressive e psichedelìa?

Fabio Rossi Si tratta di uno dei punti di snodo fondamentali per la comprensione dell’evoluzione del rock. Nel mio libro lo cito esaltando le sue partiture raffinate, le squisite linee melodiche e l’ uso surreale di effetti sonori. Nello sviluppo del rock progressivo è, pertanto, un album importantissimo, ma non è inquadrabile a tutti gli effetti nel genere che esploderà dirompente due anni dopo. Direi che la componente psichedelica permane più evidente, di certo fu un lavoro rivoluzionario che ha tracciato nuove strade da seguire.

Raffaele Astore Nel tuo “Storia del prog” si nota una certa rilevanza data al progressive di casa nostra, ma allo stesso tempo vi è una sorta di liquidazione di lavori fatti da prog band inglesi. Quanto secondo te abbiamo importato dalle band inglesi e quanto loro hanno poi assorbito dai nostri? La trasposizione sia in musica che in lingua di validi lavori di band tricolori non pensi abbiano un po’ frenato poi la “creatività” italiana, al di là della necessità di mercato all’epoca?

Fabio Rossi Beh, immagino che la tua domanda sia un tantino ironica in quanto il mio libro è incentrato maggiormente sul rock progressivo inglese e non su quello italiano. Ovviamente ho trattato in modo esaustivo anche il prog nostrano perché ha contorni particolari rispetto a tutto quello che è accaduto nel resto del mondo, basti pensare alla sua politicizzazione, e naturalmente perché come importanza viene subito dopo il prog anglosassone. Tra l’altro voglio rimarcare un aspetto: ho avuto qualche difficoltà a trovare una casa editrice per pubblicare il mio libro perché tutte mi rispondevano “Ancora un altro libro sul prog italiano? E basta!”. Difatti negli ultimi anni ne sono usciti veramente troppi, mentre sul prog inglese non si trovano in giro molti saggi (l’ultimo che mi ricordo è Prog. Una suite lunga mezzo secolo del mio amico Donato Zoppo). Possiamo affermare che in Italia il fenomeno ha attecchito alla grande basti pensare che Van Der Graaf Generator e Genesis hanno avuto successo qui da noi e solo dopo a casa loro. Alcune band come la P.F.M. hanno affascinato il pubblico estero e destato la curiosità di molti musicisti, ma il fenomeno è durato troppo poco perché si è preferito favorire il cantautorato e passare in radio musica easy listening. Così la maggior parte dei gruppi prog si sono sciolti presto e solo alcuni hanno continuato a mietere successo in primis Banco, P.F.M., Le Orme e Area. Credo che molto del progressive inglese sia confluito in quello italiano e viceversa, ci tengo a precisare, però, che il nostro prog ha una fisionomia ben precisa e riconoscibile, insomma non siamo stati meri cloni. La mia opinione che potrebbe non essere condivisa da altri è che l’uso della lingua italiana si addice poco al rock. Ne consegue che quando la P.F.M. pubblicò degli album cantati in inglese la trovai una scelta più che giusta.

Raffaele Astore Nel tuo libro parli di diversi “mostri” del prog; dagli E.L.&.P. ai King Crimson, ai Pnk Floyd. Ma scrivi anche della Scuola di Canterbury con gruppi quali Camel, Caravan e così via. Poi citi, a giusta ragione anche i Soft Machine ed altri. Ecco, questa scuola che ha dato il via a tutto quanto è ancora oggi influente?

Fabio Rossi Sicuramente si. Si tratta di una fenomeno particolare del tutto avulso dal contesto e terribilmente affascinante. Ho sempre amato i Camel, i Caravan, i più astrusi Gong e le alchimie dei Soft Machine, una musica complessa che necessita di molti ascolti per essere assimilata e che proprio per questo non tramonta mai.

Raffaele Astore Vorrei che in tranquillità analizzassi ognuno di questi gruppi cercando in particolare di esprimere in breve il peso che gli stessi hanno avuto nello sviluppo del rock progressivo: Jethro Tull, Traffic, Genesis, V.D.G.G., King Crimson.

Fabio Rossi Il peso specifico dei gruppi da te citati e di tanti altri che negli anni settanta hanno furoreggiato è enorme. In estrema sintesi posso dire che i Jethro Tull hanno fuso alla perfezione il rock e con il folk impreziosendo il tutto con l’inserimento nella loro musica del flauto traverso; i Genesis hanno esaltato il lato romantico del movimento e hanno composto alcuni dei pezzi più belli e articolati degli ultimi decenni (la copertina del mio libro non ha bisogno di presentazioni!); i Traffic hanno contribuito a gettare le basi del progressive con una sapiente miscela di folk, blues, jazz, soul e psichedelica; i  Van der Graaf Generator e i King Crimson sono senz’altro le band più cerebrali e costituiscono l’espressione del genio smisurato di due artisti unici come Robert Fripp e Peter Hammill;  gli E.L.P. non li hai citai ma essendo il mio gruppo preferito lo faccio io! Hanno dimostrato che si poteva creare un connubio perfetto tra il rock e la musica classica e lo hanno fatto incidendo, con un coraggio incredibile per dei ragazzi poco più che ventenni, un disco live inarrivabile come Pictures At An Exhibition.

Raffaele Astore Cosa ne pensi del kraut rock?

Fabio Rossi Mi piacciono tantissimo i i Tangerine Dream, specie Zeit che ascolto spesso perché mi rilassa. Stravedo anche per gli Amon Dull, i Popol Vuh e i Kraftwerk che, nonostante qualcuno la pensi diversamente, mi piace inserirli del filone progressive

Raffaele Astore E del neo prog?

Fabio Rossi Fantastici i Marillion del periodo Fish! Li adoro! Trovo notevoli anche altri gruppi neo progressive quali Ozric Tentacles, Porcupine Tree, Haken, Opeth e Motorpsycho. Alcuni di questi li ho visti più volte dal vivo e sono veramente validi. Non disdegno le escursioni prog nel metal (Tool, Queensryche, Dream Theater) anche verso quello più estremo (Voivod, Tiamat, Cynic, Atheist).

Raffaele Astore I tempi sono notevolmente cambiati, con l’avvento di internet ma anche con l’evolversi delle tecnologie e non solo sono scomparse storiche trasmissioni come Per voi giovani, Supersonic, ma anche riviste specializzate come Ciao 2001 o Il Mucchio Selvaggio che all’epoca non erano solo giornali, ma vere e proprie “bibbie” della musica. Ne parli nel tuo libro, forse con una certa nostalgia. Senti davvero la mancanza?

Fabio Rossi Risposta secca: si. Rimpiango i tempi in cui uscivo da casa contento per andare a comprare in edicola la mia rivista musicale preferita o quando prendevo l’autobus per recarmi nel mio negozio di fiducia per acquistare un LP. Vivevo con trepidazione quei momenti e non vedevo l’ora di tornare a casa, rinchiudermi in camera e ascoltare in meditazione la mia musica. Oggi tutto questo si è perso. Ti limiti ad accendere il tuo I Phone e hai già tutto a disposizione. Potrebbe apparire un vantaggio, ma in realtà non c’è la necessaria attenzione e si legge e si ascolta con troppa superficialità. Tutto ciò si tramuta in un danno irreversibile per lo sviluppo della cultura musicale.

Raffaele Astore Può essere questo libro considerato come una sorta di passaggio di testimone per le nuove generazioni ben lontane dai nostri interessi musicali?

Fabio Rossi Spero di si. Le premesse sono buone perché, come ho già accennato prima, questo mio semplice libro ha portato già moltissimi giovani a interessarsi al prog.

Raffaele Astore Di quanta musica colta avrebbero bisogno oggi i nostri giovani,  considerato che momenti come quelli di Parco Lambro, ad esempio, non ci sono più, salvo un Primo Maggio romano …. lontano anni luce dalla buona musica?

Fabio Rossi Gran parte della nuova generazione non sa proprio cosa significhi musica colta. Per cui ne hanno bisogno come un uomo nel deserto che necessita di acqua. La nostra vera missione è proprio questa: diffondere la musica colta presso i nostri giovani!

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