Nursery Crime …. l’apice della creatività dei Genesis

Nella musica progressive ci sono tanti lavori di band che possono essere analizzati e sviscerati in maniera costante. Ma per alcuni di questi gruppi, invece, la variabilità è una costante come il caso che questa volta ci porta ad esaminare uno dei capolavori assoluti, guarda caso dei grandi Genesis, che scrivono una pagina storica del rock. Naturale prosecuzione di Trespass, altro grande lavoro, Nursery Cryme, è davvero l’apice di una creatività singolare che non lascia spazio a critiche di sorta. “Nursery Cryme”, scrive Donato Zoppo nel suo “La filosofia dei Genesis”  “perfeziona i risultati di Trespass con la tensione delle dinamiche, l’eclettismo stilistico, la credibilità della ballata colore pastello e della roboante suite rock, in un gioco di cesellature e assoli sempre pertinenti, mai pleonastici, insieme al magnetico mellotron”. E come non si fa ad essere in sintonia con quanto scrive Donato?

Siamo nel 1971, c’è un omicidio che si consuma in un ospedale ed un carillion che continua a suonare sempre la stessa canzone di Nat King Cole. E’ qui che i sogni e le visioni di Peter Gabriel iniziano ad essere cantate, a prendere forma. Il disco, suddiviso in sette tracce, è davvero la decisiva mutazione di questo gruppo destinato a scrivere la storia, ma qui, la storia, inizia sin dalla copertina, stupenda, onirica, unica, quasi un quadro “infantile” ma che rasenta la perfezione stilistica. Non sarebbe stato però così se al posto di Anthony Phillips non fosse subentrato alla chitarra un certo Steve Hackett. Ed è proprio questo, forse, l’innesto più importante per un gruppo come i Genesis che affrontano temi “letterari” e “fantastici” nelle loro composizioni. Qui, in Nursery Cryme il ruolo della chitarra è fondamentale, così come lo sarà fondamentale in opere come Foxtrot dove uno degli assoli acustici di Hackett diverrà un  classico della musica progressive, ma che è anche uno dei pezzi che “compositivamente” ha vicinanze alle arie bachiane.

Le sette tracce che compongono questo capolavoro non lasciano spazio a supposizioni, qui, la storia è storia, ed i Genesis ne scrivono una pagina inimitabile. I miti e le favole la fanno da padrone, le parti strumentali sono ricamate dagli assoli di Hackett, la voce di Gabriel è unica, la ritmica di Collins ed i ricami tastieristici di Banks sono la congiunzione e la chiave di volta di una musicalità “unica”, sovrana.

Se il titolo dato all’album può sembrare curioso all’apparenza, è il suo stesso essere tale che si riferisce alle famose filastrocche per bambini inglesi; qui le liriche sono manipolate a favore di riferimenti storici e letterari sottolineati con maestrìa dalla presenza di atmosfere da favola. Ma un disco così non poteva non essere presentato da una illustrazione in copertina davvero azzeccata ed unica; infatti, proprio nella copertina di questo disco, Paul White, che colorerà anche altri lavori della band, ritrae Cynthia, il personaggio fondamentale, pronto a decapitare il piccolo Henry.

L’aria che respiriamo ascoltando questo assoluto capolavoro è tipicamente inglese; provate a farlo con in mano una bella tazza di tè, del latte, dei biscotti … ed il gioco è fatto, ma fatelo in inverno magari in giacca da camera e pantofole ed in una stanza leggermente illuminata, vi assicuro che il risultato è unico.

Il brano di apertura di Nursery Cryme è davvero epico, The Musical Box si presenta come impalpabile, un avvio di percorso che esploderà alla fine con solennità, un brano che contiene tutta la potenzialità espressiva e strumentale dei Genesis. Il pezzo inizia con gli epici arpeggi di una chitarra a dodici corde di Rutherford e Banks mentre l’elettrica di Hackett riempie di effetti il muro di sofficezza ricamando un tappeto sonoro che accoglie la voce di Gabriel. Ma questa voce impareggiabile è destinata a diventare sempre più potente nel crescendo finale dove Banks supporta il solismo di Hackett sulle urla di Peter. Dieci minuti che sono una vera e propria sinfonia, un’esplosione di suoni ed energia uniche. Ma la musica non è tutto: infatti anche il testo è evocativo, una storia macabra dove l’innocenza di due amici che giocano a croquet si trasforma in una morbosa storia a sfondo sessuale. Anche i brani seguenti For absent Friends e The Return of the Giant Hogweed non sono da meno, ma per capire meglio l’assoluta importanza di questo lavoro è sufficiente ascoltare il brano di apertura del lato B Seven Stones dove un mellotron apre a nuovi orizzonti, ambiti dove il flauto di Gabriel è capace di insinuarsi nelle armonie delle tastiere e di un basso appena appena percepito.

Non vogliamo qui descrivere l’album pezzo per pezzo, ascoltarlo è più che sufficiente, ma va detto che Nursery Cryme è un disco unico, dalla copertina in poi. E’ strano però che la stampa inglese abbia snobbato il disco a differenza di altri paesi. Basti per questo pensare ad esempio che in Italia, su Ciao 2001, Enzo Caffarelli scrive “Nursery Cryme è un disco più pretenzioso, più vario, meno lineare e non meno bello del precedente Trespass. Va ascoltato con quella sorta di religiosa riverenza che caratterizzava presso i fans ogni uscita dei Beatles”.

Che dire di più? Nursery Cryme è probabilmente il miglior disco dei Genesis, un disco dove vengono espresse tutte le notevole capacità compositive della band, ma è anche un album che con un po’ di fantasia ci avvicina ad alcune atmosfere che, personalmente, amiamo. Provate ad ascoltarlo con la compagnia di un bel libro di Oscar Wilde.

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