Alice Cooper – Raise Your Fist And Yell

Dopo un lungo periodo di silenzio che assorbe l’uomo, l’artista Cooper ritorna alle sue composizioni hard, Raise Your Fist and Yell si rivela infatti la chiave giusta per un ritorno sui palchi. Diciassettesima produzione, Raise Your Fist and Yell viene pubblicato nell’ottobre del 1987 piazzandosi alla 73° posizione della classifica americana. L’album,  prodotto da Michael Wagener della Double Trouble Productions Inc., è stato totalmente scritto da Alice Cooper e Kane Roberts, escluso “Gail”, composta anche da Kip Winger. Dal punto di vista sia musicale che compositivo, l’LP ha testi semplici che trattano di ribellione giovanile, politica, serial killer, testi sostenuti da un rock molto pesante quasi a voler consacrare l’esperimento di Constrictor, album precedente che, di fatto, sancisce il passaggio di Alice Cooper al rock metal. Ed è proprio con questo Raise Your Fist and Yell che il metal cooperiano si fa sentire in tutta la sua dissacrazione. Il pezzo di apertura,  Freedom, è pieno di ritmi percussivi e chitarristici che fanno impressione, ritmi che si imporranno per tutta la prima metà dell’album. Freedom è un brano in cui Cooper parla di falsi “santi” (uomini)  che invitano a smettere di pensare al divertimento proiettandosi ad essere delle persone giuste, di comportarsi in maniera santa andando in chiesa, di essere attenti all’ascolto di ciò che le autorità dicono, insomma un vero e proprio sermone che come sempre i giovani rifiutano. Musicalmente un pezzo cattivo sostenuto da un’impressionante chitarra. Il secondo pezzo dell’album continua sulla stessa vena compositiva del precedente e Lock Me Up si presenta con un bell’intro esplicativo: anche questo brano è abbastanza anarchico, infatti Cooper invita a fare sempre ciò in cui si crede senza pensare alle possibili conseguenze. Il fatto stesso che Alice canti “potete prendere il mio capo e tagliarlo … ma ciò che potrete fare, forse sarà solo quello di tentare di cambiare la mia mente” fa riflettere molto. Give The Radio Back è un pezzo invece che parla della censura musicale e di come la musica di Cooper sia sempre stata criticata a causa dei contenuti e delle impostazioni che l’artista ha dato ai suoi concerti, mentre con Step On Your ci si ritrova in un’atmosfera più cupa, più dark. Da questo punto in poi inizia la scalata verso la parte finale di Raise Your Fist and Yell. Una considerazione: è probabile che il personaggio che viene rappresentato in quest’album avrebbe potuto essere spinto ad uccidere a causa delle regole dettate dalla società, regole troppo rigide per essere accettate. Time To Kill è lo snodo essenziale per la storia raccontata, un brano che non va tralasciato per nulla, un brano dove si parla di come a volte durante la vita venga la voglia di uccidere (!), così come accade nel successivo Chop Chop Chop, pezzo elettronico dove la musica fa risaltare la volontà dell’assassino di far fuori prostitute ricordando quanto già avvenuto nel caso di Jack the Ripper. Ed è proprio questo brano che con la ripetizione del nome Gail, introduce al successivo pezzo dal titolo, guarda un po’, Gail che nonostante sia un brano morbido in rapporto al resto dell’album, grazie anche ad un bel suono di pianoforte da far venire i brividi, resta comunque una canzone minacciosa. La successiva Roses On White Lace è minacciosa come la precedente ma anche estremamente dark, un bel pezzo davvero che fa capire quanto Cooper si stia riprendendo con questo lavoro dalla precedenti sbandate alcooliche. Un grande ritorno fatto con stile ed intelligenza, un album buono insomma che ci riporta indietro all miglior Cooper che conosciamo. Ascoltarlo ne vale la pena, e se avete ascoltato il precedente Constrictor non ne rimarrete delusi. Mettetevi le cuffie allora e …… BUON ROCK!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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