Alice Cooper – Hey Stoopid

Hey  Stoopid è l’album che rende giustizia ad un artista del calibro di Alice Cooper. Pubblicato nel 1991 per  la Epic, la produzione segue il precedente Trash che lo aveva proiettato verso una giusta direzione, grazie anche ad una (quasi) totale fuoriuscita dal vorticoso giro di veleno alcoolico che Alice aveva precedentemente ingerito a dosi massicce. E forse era stato proprio quel veleno, che dava anche il titolo ad una brano di Alice, che gli aveva permesso di raggiungere, ancora una volta, le vette delle classifiche americane. In realtà quel “forse” lo potremmo eliminare da questa nostra recensione visti i risultati ottenuti con le vendite: disco d’argento nel Regno Unito, disco d’oro in Svezia e negli USA e disco di platino in Canada. E’ probabile però che ad un siffatto successo non sia stato solo Cooper a contribuire, anzi siamo convinti che tale risultato sia dovuto oltre che a Cooper ai musicisti americani che hanno partecipato alle realizzazione di questo lavoro: solo per citarne alcuni  Slash dei Guns N’Roses, Ozzy Osbourne dei Black Sabbath, Vinnie More degli UFO, Joe Satriani, Steve Vai che esordì guarda un po’ nella band di Frank Zappa, Nikki Sixx e Mick Mars dei Motley Crue. Non dimentichiamo però che della band di Cooper faceva anche parte un certo Stef Burns (Link) che abbiamo avuto modo di intervistare in passato. In Hey  Stoopid le sonorità perseguono ancora la strada dell’hard rock made in USA, ma aprono anche un nuovo sentiero verso quello che, in futuro, assumerà il nome di grunge capace di polverizzare tutto quanto il rock classico che era stato fin lì rappresentato. E non è un caso che con questo LP il buon vecchio Cooper recupera, a pieno titolo, il posto che gli spetta già anticipato con Trash. Come per il precedente lavoro, Hey  Stoopid non si risparmia affatto nelle ballate ed il suono, quasi sempre si sviluppa come un’apertura molto attenta verso il nascente fenomeno del grunge. Il mix che ne scaturisce dai solchi è colorato, ben pesato ed amalgamato, tanto da permetterci di dire che finalmente Alice non ha formule per questa produzione, ma solo il fiuto di un ottimo musicista ma anche il genio di un buon affarista (e sappiamo bene quanto sia insito in lui l’affarismo puro, nulla per il nulla per Alice non esiste). La produzione qui è notevolmente superiore alle precedenti, Cooper ha saputo giocare bene le sue carte circondandosi di strumentisti completi sotto ogni punto di vista. Ad esempio, John Webster è più elegante sui sintetizzatori e sulle tastiere, Stef Burns ha capacità uniche nella produzione di quei misurati metal riff che riempiono senza mai soffocare, Satriani lo conosciamo tutti per le capacità tecniche e lo si nota per l’impronta che lascia in pezzi come Hey Stoopid, Burning Our Bed, Feed My Frankenstein, Little By Little, Wind-Up Toy.

La copertina ci ha poi dato lo spunto per andare a rispolverare un’accurata descrizione di Antonella Astori che su www.artovercovers.com/ conclude scrivendo: “cosa si cela dietro questa cover? Rappresenta, nel modo più classico, il mondo e tutto ciò che lo inquina; soldi, potere, l’uomo incatenato, l’uomo che paga e la donna che abusa dei suoi soldi. Una cover che parla da sola”. E’ il Cooper che conosciamo bene insomma, il solito demone “impegnato”. E veniamo ora ai pezzi (dodici) ad alto contenuto adrenalinico che compongono Hey  Stoopid. Il brano di apertura, che dà il titolo all’album, è realizzato astutamente, quasi uno slogan gridato a suon di rock con un ritornello azzeccato che portò Cooper a scalare posizioni notevoli in classifica. E non poteva essere diversamente visti i tocchi che Slash, Satriani ed Ozzy Osbourne hanno saputo dare al pezzo (ascoltate gente ascoltate). Con Love’s A Loaded Gun ci si trova di fronte ad una ballata hard rock dove le chitarre elettriche e quelle acustiche sono perfettamente amalgamate. Qui la melodia è davvero accattivante ma anche complessa, e tutto ciò fa si che questo sia uno dei pezzi migliori tanto da portare Cooper a sceglierlo come secondo singolo. Un’altro esaltante pezzo è sicuramente SnakeBite che va ascoltato al massimo volume così come bisogna comportarsi con Feed My Frankenstein, anche questo un brano che va ascoltato come se ci si trovasse ad un concerto di Alice. In questo passaggio è stupenda l’impostazione di Nikki Sixx al basso con un Steve Vai che alimenta il sound mentre Joe Satriani dà ulteriore potenza al pezzo. Insomma, esplosivo. L’album di Alice Cooper che stiamo trattando qui è nel complesso una buona produzione, una registrazione che dimostra come l’artista fosse ormai pronto ad un ritorno in grande stile, un LP ben fatto dove non mancano le eccellenze. Già, eccellenze che vanno sotto il nome di artisti che hanno fatto e continuano a fare ancora la storia del rock americano e che abbiamo già citato all’inizio di questa nostra recensione. Ma la storia, qui, la fa Alice Cooper, artista complesso ma completo che sa ben circondarsi, quando lo reputa necessario, di gente che rappresenta ed ha rappresentato il gotha del rock americano come gli ZODIAC, Mindwarp, Desmon Child, Vic Pepe, Jack Ponti, Kelly Keeling, Lance Bulen, Dick Wagner, Al Pitrelli, Bob Pfeifer, Jim Vallance e tanti altri ancora. Sarà che il rock non ha limiti, sarà che il rock è la musica del diavolo, ma qui un diavolo in terra c’è davvero, e lo conoscono tutti. Il suo nome? Semplicemente Alice Cooper!

 

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