Alice Cooper – Brutal Planet

Alla fine degli anni 60 inizio anni 70, Alice Cooper trasformò il suo sound passando dal rock tipicamente sperimentale ad un hard rock che in quel periodo stava prendendo sempre più piede,riuscendo a far diventare la sua musica una trance di quel filone che prese il nome di shock rock. Ed è proprio attraverso questo periodo che troviamo in Trash l’album di Cooper che segna il confine tra i sounds. Ma è solo con l’inizio degli anni ’90,  con la pubblicazione di Hey Stoopid e The Last Tentation, che Alice Cooper  si avvia verso il filone rock che verrà poi etichettato come hard metal. Il lavoro che però trattiamo in questa sede, vale a dire Brutal Planet, che per lo shock-rock resta comunque un concept album sulla scia dei precedenti Hey Stoopid e The Last Tentation  è anche una sorta di completamento della trilogia che Cooper dedica, come nel prog, ai concept. Già con l’avvio dell’album quello che si può facilmente intuire è che ci si troverà di fronte a chitarre che riffano in modo pesante per esprimere poi quel concetto tanto caro a Cooper che ci si trova in un mondo così brutto e che è necessario cambiare strada. Se ad esempio prendiamo il brano Wicked Young Man l’atmosfera che si respira ha venature grunge, anzi sembra proprio che il senso del brano è molto vicino a quello dei Pearl Jam, Jeremy, solo che mentre quest’ultimo naviga tra un rock più armonico ed un grunge rinnovato, Alice proietta il suo pubblico nella forma-canzone shock. Ma come spesso ci ha abituato Cooper, con Sanctuary invece spicca il divertimento puro sempre ricercato dallo stesso gruppo che sostiene il Cooper artista; il brano risulta essere ritmato con le chitarre che sembrano quasi giocare seguendo lo stesso testo che è una sorta di metafora sulla vita di ogni giorno. Blow Me a Kiss è forse più che un messaggio, un pensiero concreto che viaggia su una chitarra che è incredibile nel modo in cui è suonata. Con Eat Some More invece Cooper affronta il problema della fame nel mondo, e la personalità del sound cooperiano qui esplode in tutta la sua visceralità quando il suono della chitarra solista diventa intenso ed appassionato sul ritmo che ha accompagnato il testo. Ma il brano che riesce a colpire di più è Cold Machine che è veramente un pezzo esaltante, un brano inserito al posto giusto per chiudere degnamente questo album che parla nel complesso del nostro modo d’essere contro ogni cosa. Per citare quanto scrivono sulla rivista Suono a proposito di Brutal Planet i più giovani potranno trovare ……. echi di alcuni dei loro gruppi metal preferiti dai Balck Sabbath ai Black Label Society, dai Metallica ai Marilyn Manson, i vecchi aficionados invece noteranno un Alice in grado di mantenere viva la sua personalità istrionica pur adottando sonorità estremamente moderne a tratti persino cibernetiche”. Insomma, un album che pur avendo una musicalità dura, tratta temi che sono ancora attuali: violenza, atrocità, crudezza che purtroppo il nostro mondo ci riserva sempre alimentato oggi dalla presenza dei mezzi di comunicazione. E non è un caso ad esempio che se Blow Me A Kiss e Wicked Young Man sono ispirate al massacro della Columbine High School, ritornano alla mente gli ultimi massacri perpetrati negli States per mano di menti folli. Brutal Planet è l’album che per Cooper apre le porte degli anni 2000, anni in cui lo stesso artista tenderà sempre più a migliorare il suo sound, la sua immagine, i suoi propositi, e sono le undici canzoni che sono contenute in quest’album a farlo trapelare. Come al solito però, anche qui Cooper si è avvalso di ottimi referenti, uno su tutti l’immancabile Bob Ezrin, che insieme a Cooper apre le porte degli armadi per cacciare fuori tutti quegli scheletri che spesso questo mondo volutamente nasconde. Concludendo queste nostre brevi note possiamo dire che Brutal Planet, ventunesimo album in studio di Cooper, è l’LP con cui Cooper inizia il nuovo millennio cui seguirà, nel 2001, Dragontown che come tutti gli artisti che si rispettino e che abbiamo trattato anche su altri siti, completa la trilogia cooperiana aperta con The Last Temptation. Certo, questa nuova produzione cooperiana farà discutere per il sound, che non richiama al sound hard rock del vecchio Cooper che avevano caratterizzato gli anni ’80, ma brilla per le note ammalianti di un rock “disegnato” da un Cooper, come al solito, geniale.

 

 

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