THE WINSTONS (2016)

Enrico Gabrielli, Roberto Dellera e Lino Gitto alla ricerca della loro visione di Canterbury

Quando metti nello stereo questo lavoro dei Winstons, in realtà una sigla che cela nomi del nostrano panorama indie rock, ti senti catapultato in un mare di suoni che così come hanno ammesso gli stessi componenti della band, viaggiano dai Gong a Canterbury passando per Ayers ed Hopper. Sarà, ma la perfezione di questo progressive, che poi prog non è tanto, la trovi dietro i nomi di Enrico Gabrielli dei Calibro 35, di Roberto Dellera degli Afterhours e Lino Gitto. A dirla tutta però, questo primo dei Winstons non risplende di solo prog ma si proietta ben oltre le nuove e più variegate tendenze indie che, mescolate ad atmosfere di tipo beatlesiano e lisergiche, fanno di questa produzione un’apertura multiforme anche a quelle tendenze più tipicamente wyattiane che sanno molto di malinconia. Ma non finisce qui tutta la loro propensione a queste “vecchie” ma sempre attuali sonorità progressive; prendete ad esempio Play With The Rebels, il brano intriso di eterogenea musicalità sembra essersi connesso con I talk to the wind degli insuperabili King Crimson anche se la proiezione è marcatamente riferita alla psichedelica nostrana. E poi è sufficiente menzionare Xabier Iriondo (Afterhours, Six Minute War Madness, Todo Modo, Bunuel, The Shipwreck Bag Show, Immaginisti) e Roberto D’Azzan (Mellow Mood, The Panicles, Iz….) sofisticato trombettista con il jazz nel sangue, per capire come i The Winstons sanno muoversi nei complessi e sofisticati meandri della produzione musicale. Ma tecnica superlativa a parte, l’intera produzione melodica a volte, alienata sovente, è in realtà una grande prova del talento di questi strepitosi musicisti che hanno spesso segnato il destino del rock tricolore. Certo è che tra Calibro 35, i Pink Floyd del periodo barrettiano ed i King Crimson degli esordi, i Winstons di materiale per ispirarsi ne hanno intriso il disco ed è forse questo che non passa inosservato alle orecchie più attente e sensibili. forse è proprio questa diversità a rendere The Winstons un disco che dovrà essere collocato tra i dischi dell’eccellenza italiana (e non esagero). Di certo è che i Winstons sono fuori dal coro; nell’Lp è presente la spiritualità di Daevid Allen dei Gong, di Hugh Hopper e Kevin Ayers dei Soft Machine ma le atmosfere proiettano verso band progressive come i GenesisColosseum, e band fuori dal filone come i Beatles o i Doors. Se poi prendiamo in esame i testi, ci si accorge di come questi Winstons siano anche lì alla ricerca di qualcosa in più: ad esempio in Play with the Rebels è raccontata una storia che ha gli stessi toni di “Fragole e sangue”, due persone si danno appuntamento ad una manifestazione che poi degenera e loro si disperdono non riuscendo più a ritrovarsi; She’s my soul è invece un testo che parla di una lei che si è intrisa della personalità del suo lui, mentre ad esempio gli altri brani trattano di immagini, nulla di ben definito. Con Nicotine Freak invece il tema è quello di scavare una buca per ritrovare le vecchie parti del tuo io e scoprire poi che sei sempre lo stesso; e così via. Insomma, anche i testi sono lo specchio di quanto in musica è stato messo e di quanto ancora le idee di questa band sono in continua evoluzione, certamente non embrionali ma convinte a tal punto che quando ti viene proposto il loro nome resti colpito già al primo ascolto. Saranno sensazioni? Non so, ma l’esperienza di musicisti di questo calibro e le nuove strade da percorrere che aprono ad un mondo nuovo, contribuiranno molto alla crescita della “musica” con la M maiuscola, e non solo di quella italiana, di questo ne siamo convinti. I Winstons, sono proiettati ben oltre, e lo si vede oltre che sentire.

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