areARock riparte, puntata n. 2 del 26.06.2017 su Radio Happy Days Rete Otto – F.M. 105

Sono ripresi gli appuntamenti con area rock del lunedì su Radio Happy Days Rete Otto. Questa la scaletta di ieri

  1. Anathema – Recensione: The Optimist

Brano BACK TO THE START

Non si siedono sugli allori gli Anathema, proseguendo nell’alternanza nuovo album/tour che portano ormai avanti ormai da anni con risultati eccellenti sia in studio che soprattutto sui palchi di mezzo mondo, con buona pace dei detrattori insensatamente ancorati alla loro produzione doom di inizio carriera. Intimo, emozionale, emozionante. Proprio come il viaggio, l’argomento che anima il concept di “The Optimist”, il nuovo album in studio degli Anathema. La storia riprende dal punto in cui si era interrotta in “A Fine Day To Exit”, con il nostro protagonista disteso sulla sabbia. Erano molteplici le chiavi di lettura di quel momento, a noi ascoltatori la possibilità di crederlo realmente morto oppure nella necessità di rompere con il passato.

2.     Bruce Springsteen Album: Magic (2007)

Brano: Girls in their summer clothes

L’apertura è affidata al graffiante riff di “Radio Nowhere”, subito spentosi in una prima facciata priva di sorprese che si chiude con la sognante “Girls In The Summer Clothes”, pallida memoria dell’innocenza afosa di “Born To Run”. In questo album vi suona tutta la E Street Band; cosa che non succedeva da “The Rising” del 2002 ma lì la presenza della band era messa in secondo piano. Qui la band si sente, eccome. Un album così non lo si sentiva da “Born In The U.S.A.”.

  1. Chris Cornell – The Promise

Chris Cornell, noto cantante dei Soundgarden, ha scritto un pezzo per la colonna sonora del film ‘The Promise’, lungometraggio, con Jason Isaac e Christian Bale, che attraversa le vicende di vari personaggi durante il Genocidio armeno.

La carriera di Chris Cornell, ebbe inizio nei Soundgarden, formatisi nel 1984 e scioltisi nel 1997 poi riunitisi ancora nel 2010 ma il suo nome è anche legato al gruppo grunge Temple of the Dog. Dal 2001 al 2007 ha formato, assieme ad alcuni ex componenti dei Rage Against the Machine, il gruppo Audioslave, di cui è stato il cantante solista.

La sua vicenda personale è travagliata sin dall’infanzia, ma nella musica è salito alla ribalta della scena rock mondiale grazie al ruolo di leader nei Soundgarden, uno dei principali gruppi musicali della scena grunge di Seattle con i quali ha raggiunto il successo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. Alla voce dirompente di Cornell, caratterizzata da potenza ed estensione straordinarie, si deve gran parte del successo della band, annoverata tra le più importanti protagoniste del rock degli anni novanta.

Dopo lo scioglimento dei Soundgarden nel 1997, Cornell si dedica al suo primo album in veste di solista: e successivamente prende parte ad alcuni progetti minori.

Chris Cornell ha vantato collaborazioni anche con Slash e per l’album Guitar Heaven: The Greatest Guitar Classics of All Time di Carlos Santana, uscito nel settembre 2010.

Cornell si è tolto la vita nella notte fra il 17 e il 18 maggio 2017 impiccandosi nel bagno della stanza d’albergo in cui alloggiava a Detroit, dove aveva appena tenuto un concerto con i Soundgarden. Chris Cornell ha avuto tre figli.

  1. Deep Purple

Album: Infinite

Brano  Johnny’s Band 

I Deep Purple hanno reso disponibile il nuovo video per “Johnny’s Band”: la canzone è tratta dall’ultimo album della band inglese inFinite, pubblicato lo scorso 7 aprile ed entrato nelle classifiche in 18 diversi paesi, nuovo record personale dei Deep Purple in 50 anni di carriera.

Il brano che vi propongono è il ritratto di una band immaginaria che acquisisce notorietà in brevissimo tempo e, come spesso succede, dopo un certo periodo perde il controllo arrivando a capire molto tardi che l’unica cosa che importa è suonare dal vivo, anche quando l’hype, il successo e la gloria sono svaniti.

  1. Joe Satriani

Album The Extremist

Brano:  Summer Song

Era l’anno 1992 e in questo contesto musicale, così ricco e affascinante, si inserisce nel mercato discografico “The Extremist” quarta fatica in studio del chitarrista americano Joe Satriani.
I precedenti lavori “Surfing with the Alien” e “Flyin in a blue dream” raccontavano di un grandissimo chitarrista, influenzato dalle icone della chitarra rock blues, Jimi Hendrix, Jeff Beck, Ritchie Blackmore, Eric Clapton, Frank Zappa, chitarristi e musicisti che influenzarono e plasmarono lo stile di Joe rendendolo fluido, melodico, emozionale.
Un pizzico di sperimentazione, di suono e di stile, leggermente acerbo, appariva saltuariamente tra una canzone e l’altra di questi due meravigliosi album, rendendoli, sì musicalmente molto belli, ma forse ancora non completamente accessibili a tutti. Con “The Extremist”, arriva un’autentica gemma, uno smeraldo capace di abbagliare e di riempire di luce i mondi di tutti noi; un cofanetto colmo di emozioni da dove attingere per riempire ed arricchire ogni momento delle nostre giornate, per cancellare la tristezza, per esaltare la felicità, assaporando ogni nota sprigionata dalla sua chitarra. ‘Summer Song’, è una cavalcata sonora inneggiante alla libertà e alla voglia di vivere. La sezione ritmica è impeccabile, precisa, solida, accattivante e funge da tappeto sonoro per gli splendidi soli dell’Alieno che stupiscono per bellezza, fluidità e naturalezza. Quanta bella musica in cinque minuti di canzone!

  1. Peter Hammill – Child 

Fool’s Mate è il primo album nella carriera solista di Peter Hammill, pubblicato nel 1971

Peter Hammill lancio` una carriera solista in cui avrebbe semplicemente continuato a esplorare in maniera quasi morbosa gli stessi terribili temi di sempre. I suoi dischi sono spietati nel non concedere nulla alla facilita’ di ascolto. Ignorando qualsiasi logica commerciale, l’ex cantante dei Van Der Graaf Generator sforno` con cadenza regolare opere molto personali ed ermetiche, spesso in antitesi con le mode imperanti: Fool’s Mate (Charisma, 1971) e` un album ancora bizzarro con le sbrigliate Imperial Zeppelin, Viking e Sunshine al fianco degli incubi freudiani di Solitude and Child (e le versioni originali di Vision and Birds).

  1. RAMONES – Rockaway Beach (Album Rocket To Russia)

1977, l’anno dell’esplosione del punk presso le masse giovanili, in particolare negli U.S.A. ma ancor di più nel Regno Unito, dove prese una piega più violenta e più o meno consapevolmente, anarchicheggiante. Ai Ramones che si deve sia l’esplosione del fenomeno, sia l’importanza di aver fatto da ponte tra una certa attitudine post-sessantiana, e le nuove pulsioni ribelli e nichiliste che animavano quell’ultima parte di anni ’70, che li vide assurgere al ruolo di icona di uno stile musicale che, peraltro, di “stiloso” non aveva assolutamente nulla. Rocket To Russia rappresenta forse il sunto più equilibrato della proposta targata Ramones, potendo vantare una netta presenza di quel surf-rock tanto caro ai quattro, di rock’n’roll dalla spiccata tendenza al pop (e quindi alle classifiche), e di punk basico e crudo.

  1. Rick Wakeman – Life On Mars

Prima di pubblicare questo suo 100° album, Piano Portraits l’anno scorso, pochi giorni dopo la morte di David Bowie, Rick Wakeman ha reso omaggio al Duca Bianco con una splendida versione per solo piano di Life On Mars?.

E, al di là della celebrazione e del ricordo di ciò che l’ex tastierista degli Yes aveva suonato in studio per lo stesso David Bowie e il suo album Hunky Dory nell’ormai lontano 1971, quel singolo brano, fatto ascoltare su BBC Radio 2, era solo il preambolo di questo Piano Portraits.

9.     Roger Waters – ALBUM Is This The Life We Really Want? (2017)

Brano: The Last Refugee 

A 25 anni dal precedente Amused to Death, tornano i testi impegnati (e un tantino lugubri) di quello che viene considerato uno dei migliori parolieri del rock. “Io se fossi dio / avrei aggiustato le vene del viso per farle più resistenti all’alcool e meno inclini all’invecchiamento (…) io se fossi un drone (…) avrei paura di trovare qualcuno a casa”. Con la voce normalmente arrochita dai 71 anni compiuti, meno stronza e tagliente del solito. Il solo fatto che esistano pezzi come Déjà Vu, o The Last Refugee (l’ultimo rifugiato), è una vera benedizione del rock&roll e della sua capacità di parlare di cose molto serie a un pubblico largamente intergenerazionale.

  1. Syd Barrett

Album: An Introduction To Syd Barrett

Brano Here I Go 

L’estro di Syd Barrett, la sua creatività, il suo modo strano, sognante e straniante di concepire la musica hanno reso Barrett inimitabile. È stata la sua mente, sempre accorta a non lasciarsi sopraffare dalla normalità, a creare l’inconfondibile tocco psichedelico dei primi Pink Floyd. Sono stati la sua incontenibile poliedricità ed il suo esser fuori dagli schemi ad influenzare ed ispirare gran parte dei gruppi psichedelici degli anni ’70 e di quelli che negli anni sono comparsi. Persino mostri sacri come Gong ed Ozric Tentacles devono almeno qualcosa all’estro del “Diamante Pazzo”. “An Introduction To Syd Barrett” presenta brani già editi tanto nei dischi dei primi Pink Floyd (“Arnold Layne”, “See Emily Play”, “Apples And Oranges”, “Matilda Mother”, “Chapter 24” e “Bike”) quanto nei lavori solisti, opportunamente ripuliti, rimasterizzati ed in alcuni casi nuovamente mixati per l’occasione (“Here I Go” giova di una inedita linea di basso suonata per l’occasione dallo stesso Gilmour). Da quest’album andiamo ad ascoltarci Here I Go.

11. STEVE HACKETT

Album The Night Siren (2017)

Brano: Behind The Smoke

 L’infaticabile ex chitarrista dei Genesis, sempre attivo tra lavori in studio e attività live in giro per il mondo,  è ritornato sulla scena discografica con la sua nuova fatica in studio: The Night Siren. In questo album, che si mantiene quasi sugli stessi livelli del precedente Wolflight, si trovano almeno tre o quattro pezzi clamorosi, che crescono con gli ascolti, mentre i restanti, esclusi forse un paio di casi assolutamente nella norma, si assestano su buoni livelli d’ ispirazione, mestiere e qualità del songwriting. Il brano che vi propongo Behind The Smoke ci accoglie con orchestrazioni e un incidere cadenzato, che al sottoscritto ha ricordato vagamente il riffing alla Led Zeppelin di Kashmir, ma con molte influenze e atmosfere arabeggianti, stacchi e stop quasi prog e una voce ieratica. Piacevoli anche le lunghe parentesi soliste che il chitarrista si ritaglia nel corso di tutto il brano.

12. Suede – ALBUM Night Thoughts – 2016 (Warner) 

Brano: No Tomorrow

A fine 2015 i Suede sono tornati annunciando “Night Thoughts”, che sin dalla copertina fa riecheggiare vecchi fantasmi del passato e quella sospensione emotiva e grafica che potremmo paragonare al loro capolavoro assoluto, “Dog Man Star”. Non è però solo questione visiva: il nuovo album si propone quasi come successore di quell’epopea barocca e glam che fu il loro più sottovalutato e poi giustamente rivalutato lavoro.

Se infatti il disco del 1994 si apriva con la turbolenta “Introducing The Band”, questa volta tocca ai suggestivi violini di “When You Are Young”, con la voce di Anderson che svolazza mentre la batteria mostra un incedere trionfale e il chitarrista Richard Oakes, in sottofondo, disegna traiettorie cupe come i bei tempi che furono. “Outsiders” è invece una novità per i territori suediani, una canzone quasi post-punk, e mentre il bellissimo giro di chitarra si avvicina a tessiture dream-pop, il ritornello è sentitissimo e classico. L’altro singolo, “No Tomorrows“, non disdegna il paragone con quest’ultima, e se da una parte è meno spigolosa, dall’altra è forse più diretta.

13. Pearl Jam: Album Ten

1991 (Sony Epic) | grunge

Brano: Jeremy

Tra il ’91 e il ’92 non si fa altro che parlare di Seattle e del grunge. Ed è nel calderone del grunge che vanno a finire pure i Pearl Jam, assieme ad altri storici nomi come Nirvana, Alice In Chains, Soundgarden, Mudhoney, Screaming Trees e pure Smashing Pumpkins.
I Pearl Jam sorgono dalle ceneri dei Green River e dei Mother Love Bone: in entrambi i gruppi militavano il chitarrista Stone Gossard e il bassista Jeff Ament.
L’arrivo dei Pearl Jam sulla scena musicale è salutato dagli amanti del rock come l’avvento del messia. Commercialmente parlando, “Ten” è un successo clamoroso, che nel giro di due anni arriverà a vendere oltre dodici milioni di copie solo negli States, superando addirittura “Nevermind” dei Nirvana

La forza dell’album è il suo essere (ancora oggi) così incredibilmente anacronistico. Niente contaminazioni tra punk e hard-rock, nessuna incursione nel metal. I Pearl Jam riportano in vita, anche nel modo di atteggiarsi sul palco, l’hard-rock degli anni 70. Ascoltando i loro pezzi tornano in mente gli Who, i Led Zeppelin, gli Aerosmith, Neil Young, i Lynyrd Skynyrd. Nessuna sperimentazione: le canzoni di “Ten” sono perfette nella loro semplicità. A dire quanto questo gruppo sia stato ed è fondamentale per la musica rock l’introduzione recentemente nella ROCK’N’ROLL ALL FAME.

14Dead Generation – Warlocks

In principio era la psichedelia. O almeno quella forma di psichedelia contemporanea, o neo-psichedelia che dir si voglia, che sembra aver avuto in questi anni una determinata linea di evoluzione. Qualcosa  è cambiato però nel 2007 con l’uscita del quarto album, “Heavy Deavy Skull Lover “, con il quale la band ha virato verso sonorità decisamente più cupe e ossessive. “Skull Worship” viene difatti considerato dallo stesso Hecksher  il terzo capitolo della trilogia iniziata con “Heavy Deavy Skull Lover” e proseguita due anni dopo con “The Mirror Explodes“. Con un album come “Skull Worship” è difficile definire i Warlocks una band (neo)psichedelica tout court poiché gli sprazzi di psichedelia rimasti sono sommersi da chitarre heavy dark e drone e da ritmiche tribali e ripetitive più che essere parte di articolate trame psych. Noi abbiamo intervistato il leader Hecksher nel marzo 2014 in occasione del loro concerto tenutosi a Lecce.

15. The Winstons – album (2016)

Brano : Play with the rebels

Enrico Gabrielli, Roberto Dellera e Lino Gitto alla ricerca della loro visione di Canterbury.

Recensione scritta da Raffaele Astore · 30 maggio 2017 per PSYCANPROG e AREAROCK

Quando metti nello stereo questo lavoro dei Winstons, in realtà una sigla che cela nomi del nostrano panorama indie rock, ti senti catapultato in un mare di suoni che così come hanno ammesso gli stessi componenti della band, viaggiano dai Gong a Canterbury passando per Ayers ed Hopper. Sarà, ma la perfezione di questo progressive, che poi prog non è tanto, la trovi dietro i nomi di Enrico Gabrielli dei Calibro 35, di Roberto Dellera degli Afterhours e Lino Gitto. A dirla tutta però, questo primo dei Winstons non risplende di solo prog ma si proietta ben oltre le nuove e più variegate tendenze indie che, mescolate ad atmosfere di tipo beatlesiano e lisergiche, fanno di questa produzione un’apertura multiforme anche a quelle tendenze più tipicamente wyattiane che sanno molto di malinconia. Ma non finisce qui tutta la loro propensione a queste “vecchie” ma sempre attuali sonorità progressive; prendete ad esempio Play With The Rebels, il brano intriso di eterogenea musicalità sembra essersi connesso con I talk to the wind degli insuperabili King Crimson anche se la proiezione è marcatamente riferita alla psichedelica nostrana. E poi è sufficiente menzionare Xabier Iriondo (Afterhours, Six Minute War Madness, Todo Modo, Bunuel, The Shipwreck Bag Show, Immaginisti) e Roberto D’Azzan (Mellow Mood, The Panicles, Iz….) sofisticato trombettista con il jazz nel sangue, per capire come i The Winstons sanno muoversi nei complessi e sofisticati meandri della produzione musicale. Ma tecnica superlativa a parte, l’intera produzione melodica a volte, alienata sovente, è in realtà una grande prova del talento di questi strepitosi musicisti che hanno spesso segnato il destino del rock tricolore

  1. Affranti – Album: La Paura Più Grande

Brano: La Terra Bruciata dal Fuoco (2017)

I savonesi Affranti esistono da ormai più di 10 anni e questo è il loro quarto CD, uscito anche come split LP in vinile condiviso con i Fuco. Più che un gruppo musicale, gli Affranti sono un vero e proprio collettivo, una quindicina di persone che a vario titolo (non meglio specificato sul disco) partecipano alla realizzazione di questo LP che è co-prodotto e distribuito da una decina di realtà dell’autoproduzione italiane. I ritmi di batteria spezzati e mai troppo veloci, l’uso della chitarra che alterna frasi quasi accennate ad accordi pieni ma mai troppo distorti rendono abbastanza fresco seppur non particolarmente originale l’aspetto musicale che trova invece nell’uso della doppia voce maschile/femminile la sua maggiore caratterizzazione, ma anche il punto debole. L’interpretazione quasi tutta recitata con della parti più urlate se da un lato dona una certa enfasi evocativa quasi poetica, dall’altro rende tutti pezzi molto simili tra loro.

17.  Syd Arthur – ALBUM: Apricity

2016 (Harvest) | neo-prog, pop-rock

Brano: Sun Rays

Con il quinto album, “Apricity”, la band di Canterbury si conferma una delle realtà più originali del neo-progressive, soprattutto per il loro indugiare in contaminazioni pop, jazz e blues senza mai dimenticare la lezione dei conterranei Caravan.

Formatisi nel 2003 (della band fa parte anche il nipote di Kate Bush) e giunti al loro esordio solo nel 2006, i Syd Arthur hanno preservato la loro indipendenza, centellinando le loro uscite

Il nuovo album dei Syd Arthur evidenzia una maggiore influenza della musica americana, Elaborate trame sonore e finezze strumentali danno vita a un tessuto sonoro emotivamente ricco ma mai sopra le righe, la cura del dettaglio e il fulgore degli arrangiamenti sono più vicini alle moderne elaborazioni di gruppi come Tame Impala o Radiohead, e tutto suona meravigliosamente accattivante.

Il nuovo album del gruppo inglese è come un quadro in continua evoluzione, elaborazioni sonore e strumentali aggiungono colori e dettagli a un brioso affresco lirico. Le attitudini pop trovano la loro migliore esegesi nel funky-beat di “No Peace” e nell’esuberante elettronico rave-pop “Sun Rays”, singolo di presentazione dell’album.

 

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