Take No Prisoners – Lou Reed

Nella seconda metà del marzo 1978, Lou Reed suona per cinque sere al Bottom Line di New York insieme all’Everyman Band. Quelle sere, Lou, sul palco si dimostra scaltro, sembra impersonare un personaggio come Chaplin quasi a richiamare la copertina di Coney Island Baby, canta e scherza, trascinando i pezzi in lunghissime partiture dove le chiacchiere sono al centro di tutto, sembra prendersi gioco del pubblico. Quei concerti vengono tutti registrati per produrre un nuovo album live visto che Lou, in quel periodo ci stava facendo l’abitudine. E poi a Reed piace punzecchiare la gente, gli piace sfidare il pubblico e chi gli sta intorno, è fatto così come molti lo hanno sempre definito “un gran figlio di …..”. Quando il disco venne pubblicato Lou Reed disse “Lo abbiamo intitolato Take No Prisoners perché abbiamo venduto una quantità enorme di biglietti in un piccolo albergo in Québec, dove di solito avevano un piccolo gruppo dance. Non so che cosa ci facessimo là…”(!!!). Siamo al Bottom Line, ancora una volta Reed stravolge volutamente i suoi pezzi più famosi, solo uditi abituati riconoscono subito quale brano stia eseguendo, altri devono attendere perché Reed si diverte a sconvolgere il tutto. Con un linguaggio “appropriato” da marciapiede, prende in giro Patti Smith, la politica, il pubblico che vuole sentire sempre le stesse canzoni. Quello a cui tutti pensano di assistere non è un concerto, quell’ipotetico concerto diventa subito uno spettacolo da cabaret il cui Pierrot si è stancato e tira fuori tutta la sua rabbia. E quando dice “I do Lou Reed better than anybody, so I thought I’d get in on it” (Faccio Lou Reed meglio di chiunque altro, così ho pensato di continuare a farlo) è proprio in questa dichiarazione che vi è tutto il senso di questo disco. Per Reed è inconsueto essere così disponibile con il pubblico tanto da portare la musica in un secondo piano rispetto ai suoi ragionamenti sul palco, e se il suono può sembrare un sottofondo al quasi monologo louridiano in realtà è così coinvolgente da essere subito assorbito. Take No Prisoners è un album semplicemente incredibile, capace di portare all’ascoltatore un Lou Reed incazzato con il mondo intero compresa la sua band; infatti, proprio la band a causa di questo stato di cose non ha possibilità di strutturare le tracce così come sono state composte negli album anzi, in alcuni tratti sembra proprio che il gruppo che lo accompagna voglia fuggire ma è costretto a tornare indietro dal dominatore assoluto, un Pierrot che alla fine ha ragione del risultato ottenuto perché questo è davvero uno splendido album, fatto da un grande artista sorretto da una grandissima band. Prendete ad esempio Coney Island Baby o Street Hassle, così come sono eseguite vivono in eterno, sono epiche, uniche, splendide e non lo dico forse perché questo live è incomparabile, ma perché in questo doppio LP tutto è stupefacente compresa quella atmosfera jazz di cui questo disco è infarcito, e la The Everyman Band che accompagna Reed di jazz ne capisce molto, eccome! Registrato durante le sessioni dal 17 al 21 Maggio 1978 e pubblicato in novembre dello stesso anno, Take No Prisoners offre oltre centro minuti di monologhi e parole, ma la musica è semplicemente straordinaria nel supportare questa lunga piece louridiana. Basti ricordare quel che offrono in questo lavoro brani come Pale Blue Eyes, Coney Island Baby, Satellite Of Love o la stessa Walk On The Wilde Side per capire che questo lavoro è frutto della mente di un genio che è stato prima l’anima dei Velvet Underground mentre ora è il verbo di un rock unico e quel verbo può permettersi di attaccare tutto e tutti, da Patty Smith che viene indicata per il suo Radio Ethiopia al critico musicale rock Robert Christgau di Village Voice già passato dalle fila di Rolling Stone, altra rivista musicale statunitense. C’è poi da dire che in questo Take No Prisoners, la dilatazione louridiana è probabilmente alla base di tutto il concetto teatralizzante di quest’album; infatti pezzi come I’m Waiting For The Man, Walk On The Wild Side, Street Hassle durano dai tredici ai diciassette minuti anche se potremmo da qui escludere proprio l’ultimo che, già nella versione in studio, dura ben undici minuti. Ma anche la corta Sweet Jane dell’originale qui, in Take No Prisoners, non è da meno, ed infatti se prendete il disco vi accorgerete che anche questo brano dura quasi undici minuti. Questo live mostra un volto diverso dal Lou Reed che tutti conoscono; qui, in quest’album, nonostante la reputazione che l’artista si è guadagnato nel tempo, crolla il suo essere personaggio malvagio, qui il cantore del male si diverte un mondo, ha umorismo da vendere ed il pubblico sembra divertirsi un mondo pur essendo colpito dalle stesse parole di un Reed che non ha nessun ritegno. Take No Prisoners sembra essere un disco punk per come Reed si comporta durante lo spettacolo, oltraggioso a volte verso il pubblico ma fondamentalmente oltraggioso a chi si attende un concerto perfetto. E non fa nulla se capita anche a Patti Smith di essere presa per in giro per quel suo Radio Ethiopia che diventa “Fuck Radio Ethiopia” nelle stesse parole di Lou Reed. Chi lo ha in casa nella versione originale faccia come me …… lo ascolti sempre … non se ne pentirà! E guardi anche la copertina che è di un certo fotografo italiano, Oliviero Toscani.

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