Leprous – Malina

Alcune band hanno raggiunto un così alto livello musicale che spesso hanno alcune difficoltà di eguagliare, con le successive produzioni, i risultati ottenuti. Accade così che i  Leprous, norvegesi d’origine, ad esempio, sono diventate una di quelle band che continuano a produrre lavori che volta per volta, ad ogni loro uscita, ci fanno trovare di fronte ad una miriade di sorprese capaci di stimolare sia il proprio pubblico sia coloro che si avvicinano a loro per la prima volta. Il nuovo album, Malina pubblicato il 25 agosto scorso, ci pone di fronte una band che ha assunto una nuova forma ma che si muove sempre nell’ambito del progmetal più maturo. Se molti erano preoccupati del fatto che i Leprous potessero abbandonare le proprie radici metal, ciò in realtà non è accaduto nonostante Malina sia un album più soft che ha dato ampio respiro all’aspetto più prettamente musicale. Lo stile è come sempre incredibile, come tutta la composizione di Malina, anche se c’è più melodia nei vari passaggi che compongono l’album, capace di offrire all’ascoltatore una sorta di sensazione spettacolare, e ciò grazie all’aggiunta del violoncello su alcuni brani anche se poi,  lo stesso strumento, viene sovrapposto in studio più volte tanto da sembrare quasi un’intera sezione di archi con risultati ragguardevoli e di classe. Ma non è solo il violoncello a farla da padrone perché c’è tanto e tanto spazio che viene offerto al prog, un progressive in grado di creare quell’atmosfera che appartiene a momenti importanti della storia e della scena che ha reso il genere davvero unico. Se prendiamo ad esempio Captive o Illuminate ci si rende conto come bastino questi due pezzi a rendere valido l’esempio di classic prog ma poi, nel complesso, è tutto l’album che trasuda toni diversi dai precedenti lavori quali ad esempio The Congregation. Mentre la band mantiene il caratteristico suono fatte di timbriche dispari, qui quello che si percepisce sono varietà, accessibilità ed una voce più melodica messa accuratamente in evidenza tutto quanto a vantaggio di un rock egregiamente più maturo di quello composto in passato. L’album si apre con Bonneville, un brano che mantiene uno strano timbro, ma che necessita di qualche ascolto in più per essere ben assimilato anche se poi, alla fine, il risultato è davvero lodevole. Stuck ha invece un’aria così leggera che contrasta con i testi più oscuri e con il violoncello stesso, passando da una chitarra intensa ad una esplosione di contenuti musicali verso la fine. From the Flame, singolo dell’album, è una di quelle canzoni capace di restarti dentro ogni volta che la ascolti perché accattivante, sostenuta da un groove a dir poco incredibile. Le tracce che restano poi sono piuttosto comuni in questo album: Leashes mantiene costante la presenza del violoncello come in Stuck,  con un suono molto più accentuato;  Mirage è invece una traccia diversa che mantiene lo stile Leprous più conosciuto anche se influenzata dal pop, tanto da  sembrare qualcosa di completamente diverso dal sound cui i Leprous hanno abituato il proprio pubblico. L’album termina con  The Last Milestone , che è un esempio del classicismo di questa band  dove il metal-rock viene definitivamente sepolto a favore di un pathos che sembra essere il sunto di tutto il concepimento di Malina, un brano emotivo, romantico e fragile, insomma  un modo davvero fantastico per terminare questo album. Con Malina sembra di assistere a qualcosa di speciale, perchè le tracce sono tutte così diverse ed uniche che non si può concedere corsie preferenziali neanche ad una di loro. Tutto qui è straordinario, chiaro e trasparente. Probabilmente era ciò che  i Leprous volevano offrire al proprio pubblico. E ci sono riusciti!

 

 

 

 

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