The Trip – Atlantide

“I cambi di formazione si fanno sentire in questo album che è più solido dei precedenti, grazie al nuovo arrivato Furio Chirico, ma anche meno originale e, soprattutto meno innovativo. Le tastiere di Joe Vescovi sono sempre protagoniste e anzi il lavoro del capelluto musicista genovese viene incorniciato da una sezione ritmica davvero micidiale. L’assenza della chitarra smussa quelle tendenze blues che avevano contraddistinto le prime opere del complesso. Manca però quell’irruenza, quella voglia di stupire (senza effetti speciali) che avevano reso The Trip e Caronte due album imprescindibili (o quasi) per la musica italiana. Affiora qua e là un po’ di mestiere o perlomeno la sensazione che Atlantide, pur senza grandi cadute di stile, sia un album di transizione.” Questo è quanto scrivono, a proposito di Atlantide, John N. Martin, Michele Neri e Sandro Neri nel loro interessante volume “Il Libro Del Prog Italiano” che in parte ripercorre la storia del progressive nostrano. Ma di questo lavoro, di questo bellissimo disco si può ancora dire tanto, anche a distanza ormai di decenni. E’ vero che non è stato un album che ha cambiato la storia, ma il fatto stesso che Atlantide rappresenti un pezzo dello stile avanguardistico italiano la dice lunga su quell’impronta lasciata da Joe Vescovi & C. nella musica nostrana. Va innanzitutto detto che Atlantide è un album concept, basato sulla storia del continente scomparso, cantato ed impermeato di quesi testi in lingua inglese che si presta bene alle sonorità progressive, come si  presta ottimamente la voce di Andersen che si ritrova in un suono che è completamente cambiato che non è più l’hard rock ed il blues al quale i Trip avevano abituato il loro pubblico, ma sciorinano, invece, jazz rock d’avanguardia e pura sperimentazione. E così i ricordi si fanno presenti sulla tastiera di questo computer che, attraverso la mia mente, torna indietro nel tempo a quando, proprio dopo l’uscita di Atlantide, assistetti ad uno dei loro concerti. Erano gli anni della contestazione e dei sogni, gli anni più fervidi che la nostra gioventù abbia mai conosciuto, ed anche la musica era tale; ma erano anche gli anni della strategia della tensione, dell’uccisione di Luigi Calabresi e così via, e la musica, così come tutte le arti, aveva dalla sua l’influenza di quanto stava accadendo fuori; probabilmente anche tutto questo influì su quell’idea di Atlantide che rappresentava il concetto di rifugio sicuro, si perché il concept dei Trip è proprio basato sull’aspetto mitologico dell’isola scomparsa, un aspetto che si ritrova nel sottotitolo dell’ultima traccia, Il Vuoto, che è preceduta da Distruzione. E così come avvenuto in nostre precedenti recensioni, anche qui il richiamo ai grandi del progressive è naturale; la composizione della band a tre richiama molto gli E.L.&.P. come li richiama anche in brani quali Energia e Ora X, ed anche se ciò può sembrare paradossale, in realtà non lo è perché quel periodo musicale è pieno di riferimenti soprattutto in Italia nonostante, poi, alla fine quel che contano sono i risultati finali. Ed Atlantide è un disco che non può non essere ascoltato anche da chi il progressive non lo ama; qui tutto si concentra in un’evoluzione musicale guidata dalla mente di Vescovi che con le tastiere non invade, come ci si può immaginare, l’intera produzione, ma lascia ampio spazio ad Andersen e Chirico che ricamano e sostengono qualitativamente l’intera produzione influenzandone tutto lo stile compositivo che è capace di riferirsi anche ai King Crimson ed ai Gentle Giant. E così le otto tracce del disco, tra lato A e lato B raccontano non solo del continente scomparso ma anche di un sound che si evolve, pur ispirandosi a grandi gruppi. Atlantide diventa così l’album che lascia una traccia indelebile nella discografia italiana, ma è anche, probabilmente, il disco che prima o poi sarebbe giunto dalle menti di Vescovi, Andersen e Chirico. Questa produzione unica nel suo genere ha contributo, grazie alla comunanza tra Trip ed Atlantide a dare una svolta concreta alla musica ed alle produzioni italiane anche future. In molti, infatti, si sono ispirati proprio a quel lavoro concettuale per le proprie produzioni, facendo diventare i concept album una prassi nel nostro panorama prog rock. Ed è proprio questo disco, con la sua storia e la sua composizione, a restare l’unico vero successo di questa band ispirata dal sound inglese in particolare, e da quanto, intorno a loro, stava avvenendo in quegli anni perché, poi, alla fine, il vero risultato è l’inconfondibile identità musicale del suono Trip ….. made in Italy. Quindi non dimenticatelo Atlantide, ma riascoltatelo di tanto in tanto non fosse altro per ricordarsi che  uno dei simboli del progressive rock italiano era proprio un certo Joe Vescovi, recentemente scomparso, savonese e leader dei Trip, una della band più celebri della grande stagione del rock italiano dei primi anni Settanta.

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