Patti Smith – Easter

Easter è il terzo album della poetessa cantante Patti Smith, un album che la consacra a livello mondiale facendola così entrare nella storia quale icona della scena rock. Eh si, perché Easter è uno degli album più importanti mai realizzati, un album che merita il posto all’interno non solo delle discografie ma di un museo visivo ed auditivo. Capita però che in molti identificano la Smith con quella Because The Night che pur essendo il brano universalmente conosciuto, molto usato come sigla in programmi vari, in realtà narra di storie che solo la Smith ha saputo mettere in poesia e musica. In realtà questo stupendo pezzo parla di un’attesa che precede l’incontro con chi si ama e ne racconta gli stati d’animo, quegli stessi stati d’animo che la sacerdotessa del rock ha provato aspettando il suo Fred Sonic Smith. Ma come nasce questo pezzo è la stessa Patti a raccontarlo in una delle sue tante interviste rilasciate all’epoca: “Quella sera avevo appuntamento telefonico con Fred”, racconta la Smith, “mi disse che mi avrebbe chiamata alle 18, e io ero in casa ad aspettare. Le ore passavano ma lui non chiamava, diventavo sempre più nervosa anche se non volevo ammetterlo a me stessa. Per passare il tempo, mi guardavo intorno e vidi la cassetta che Bruce (Springsteen) mi aveva regalato durante le fasi di registrazione di Darkness On The Edge Of Town . La presi, la ascoltai. La musica era magnifica. Mi misi a scrivere il testo come in preda a una febbre, e venne fuori l’urgenza amorosa che mi travagliava. Fred chiamò, finalmente, alle 2 di notte. E la canzone era ormai finita”. E se Because The Night oltrepassa il tempo, anche Easter si merita questo appellativo, perché questo è un album che va oltre i confini del tempo, sia di quello della generazione alla quale Patti Smith appartiene, sia di quelle attuali, come oltre il tempo vanno le cose che ci hanno lasciato i suoi amici poeti come Burroughs. E se Easter vuol dire Pasqua la Smith non è quella donna che necessita di resurrezione ma  l’artista che con questo disco è capace di abbracciare, finalmente, il rock’n’roll con uno stile di lettura elegante, unico, poetico, necessario anche per stravolgere quello che circola. Probabilmente quello che non si riusciva a capire della Smith in quel periodo era che dopo i primi album, nella composizione il Patti Smith Group aveva  invertito la rotta; già da Till Victory si capisce questa inversione, il rock’n’roll semplice e lineare su cui il pezzo è basato, diventa, con la voce roca e tosta di Patti una preghiera, per poi trasformarsi in una cavalcata d’amore viscerale verso la musica. Con Space Monkey assistiamo invece all’irruenza della caratteristica voce della sacerdotessa che abbandona l’apertura offerta da Till Victory per catapultarsi in svariati stili che si muovono, in maniera spasmodica, verso cambi di ritmo che rendono il pezzo piacevole e lineare. Poi quando arriva Because The Night, riallacciandoci a quanto dicevamo all’inizio, basta leggere questa parte del testo per capire di cosa stiamo parlando:

Prendimi adesso baby qui come sono
Stringimi  forte, prova a capire
Il desiderio è forte è il fuoco che respiro
L’amore è un banchetto sul quale ci sfamiamo
Avanti ora prova a capire
Come mi sento quando sono nelle tue mani
Prendi la mia mano, vieni al riparo
Loro non possono ferirti ora
Non possono ferirti ora non possono ferirti ora
Perché la notte appartiene agli amanti
Perché la notte appartiene al desiderio
Perché la notte appartiene agli amanti
Perché la notte appartiene a noi 
 

Questa è poesia pura per un’ amore, è amore per il proprio uomo, ma è anche amore per ciò che ci circonda, per ciò che ci rende felici e ci fa vivere, e Patti vive anche di quella poesia che è amore per le cose della vita, non solo per il proprio uomo che sta attendendo. Con Ghost Dance arriva finalmente la sacerdotessa Patti che tanto amiamo perché è questo di sicuro il pezzo più bello dell’intero disco, cucito su una melodia che oggi è diventata world music ma che, come è capitato a chi scrive, ha avuto modo di ascoltare in svariate forme durante un’escursione desertica alla ricerca dei suoni Gnawa. Babelogue è un recitato che fa solo da introduzione alla successiva Rock N Roll Nigger, bel pezzo di rock’n’roll perché “sporcato” dalle influenze punkiane della Smith e che ci ricorda certi ….. Fugazi del tempo che fu, di certo un pezzo più lento questo, ma molto vicino al genere del quale ci siamo spesso occupati. Privilege (Set Me Free) è ancora un altro capolavoro lento ed angosciante ma con un ritmo forte e trascinante allo stesso tempo, di certo una delle migliori interpretazioni di Patti Smith, un brano di rara bellezza come lo è tutto l’album di cui ci stiamo occupando. Il pianoforte apre le porte ad un’altra recitazione alle quali la Smith ha abituato il suo pubblico, We Three vuole essere, anche questa, una preghiera e lo si capisce in queste parole Baby, Don’t take my hope away from me (Tesoro, Non portarmi via la speranza), e quanti di noi ci sono oggi a chiedere questo perché la speranza è l’angoscia con la quale conviviamo, come lo è l’aiuto che a volte cerchiamo negli altri. Poi l’ingresso della chitarra in stile slow sembra aprire a quelle porte della percezione di cui Morrison ne fu l’artefice. Si non portate via la speranza di vedere un mondo diverso attraverso l’amore ….. questo il messaggio di una immensa Patti Smith. Segue 25th Floor, anche questo uno dei pezzi più conosciuti e praticati da chi la Smith l’avrebbe abbracciata … e non solo, un pezzo che richiama le sonorità degli anni settanta, quella di una generazione … .perduta, che ben si ricollega alla successiva High On Ribellion, due minuti e trentasette di pura ribellione stile anni andati che oggi le nuove generazioni neanche se le immaginano. Chiude la lenta preghiera Easter dove basso e piano si intrecciano per un’ulteriore, toccante, pezzo. La voce sembra quella di un tempo che non c’è più, un lamento lontano insieme agli strumenti che tracciano la strada infida che ogni giorno siamo costretti a percorrere. E’ questo il nuovo percorso che Patti Smith inaugura con la musica e le parole, un percorso che al di là di quel che in tanti pensano non si fermerà qui. La sacerdotessa del rock è ancora tale anche oggi anche a 72 anni.

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