Caravan – In The Land Of Grey And Pink

Per il rock di matrice progressiva gli album concept sono sempre stati una pura formalità; e probabilmente, anzi ne siamo certi, se non ci fosse stato questo genere musicale non ci sarebbe stata nemmeno la concezione di concept album. Negli anni sessanta il prog sembrava quasi incastrato nella psichedelìa che in quel periodo aveva preso piede con molti gruppi che tentavano di uscire fuori da uno schema, a volte troppo stretto, proponendo nuove forme alternative di sound che resterà  poi nella storia a venire. Una di quelle forme prese il nome di suono di Canterbury, al quale oggi in molti fanno riferimento, e che in sostanza poi rappresenta il centro di un nuovo modo di concepire il rock influenzato com’è da atmosfere che variano dal jazz al rock, alla musica classica, con l’incorporamento tra l’altro anche di elementi avanguardistici. Probabilmente, il miglior suono mai realizzato che ha saputo incorporare tali elementi è stato proprio quello dei Caravan, e dai quali successivamente hanno preso esempio superband che corrispondono ai nomi di Pink Floyd e Crimson (se si pensa ai loro primi lavori). Ma veniamo a noi: analizzando In The Land Of Grey And Pink dei Caravan, si resta sorpresi per la ricca consistenza e per l’intimità della musica che viene espressa con vorticose melodie che sarebbero poi diventate d’ispirazione per altre band in futuro. La musica di In The Land Of Grey And Pink è fluida, diversa,  ed i testi che si incastrano con l’armonia, intrisa di varianti classiche e jazz in particolare, sono fantastici ed eccezionali. E se una delle caratteristiche distintive del suono di Canterbury è quell’approccio naturale all’improvvisazione, qui c’è da leccarsi i baffi per le incredibili divagazioni sonore anche se poi, jazzisticamente parlando, quello che più risalta in particolare sono le tastiere di Dave Sinclair portate più al fraseggio che alle trame sonore. Questo stile esecutivo va a fondersi perfettamente con le composizioni di Richard Sinclair che sono davvero uniche nel loro genere perché, qui, in In The Land Of Grey And Pink, ogni componente della band offre quelle lunghe progressioni di accordi che danno profondità ad ogni passaggio prima che avvenga il cambiamento repentino, sempre graffiante e piacevole. L’apertura, affidata a Golf Girl, ha una forte linea di basso del grande Richard Sinclair,  che viene accompagnata dalla sua stessa voce sempre con quella tonalità così fuori dagli schemi. Se si fa attenzione all’ascolto, i testi si adattano tutti perfettamente alla voce di Richard accompagnata ottimamente dal mellotron del fratello Dave e dal flauto di Hastings. Winter Wine arriva subito dopo aperta da una gradevole pastorale, dove la chitarra acustica di Pye Hastings, è davvero pregevole per un pezzo che in soli sette minuti, trasmette sensazioni ed immagini che trascinano nei sogni dorati che probabilmente ognuno di noi vorrebbe sempre fare. Love To Love You è interessante perché sostenuta da una melodia leggera ma abbastanza significativa per il componimento di questa produzione che nel suo complesso risulterà essere un capolavoro anzi, il capostipite della produzione caravaniana nonostante il successivo abbandono della band da parte di Richard Sinclair. Quando arriva poi il momento della title track, In the Land of Grey and Pink, ci si trova di fronte a tutto quel pop di origine psichedelica sostenuto sapientemente da un’aggiunta di strumenti a fiato quali il flauto, il sax tenore, l’ottavino, le campane, il trombone e non ci si può non accorgere alla fine dell’ascolto che in questo brano, alla fine a farla da padrone è proprio il progressive di concezione canterburyana che qui abbonda. Il disco si chiude con Nine Feet Underground , una minisuite che in molti definiscono “canzone”, della durata di ben ventitré minuti, scritta da Dave Sinclair e suddivisa in sottosezioni nelle quali ogni singolo componente della band ha una sua piccola perfomance solistica. In In The Land Of Grey And Pink la musica è incredibile, ben costruita, fatta di vorticose melodie dove è la fantasia a farla da padrone; un disco che è uno scorrere di note che avvolge, note sempre diverse, nitide …. per un sound nuovo che viene dal profondo dell’animo, una miscela di musica creativa e sublime allo stesso tempo. Un album che non può non essere ascoltato almeno una volta perché qui, con questo album,  si è davvero fatta la storia del Canterbury Sound. E peccato che subito dopo si registrerà l’uscita dalla band di David Sinclair, spintosi alla ricerca di una nuova dimensione che troverà nei Matching Mole di Robert Wyatt, per ritornare poi negli stessi Caravan e dopo un po’ riandersene di nuovo. Ma si sa che con gli abbandoni ed i ritorni dei musicisti in tante band si potrebbe scrivere davvero un trattato il cui titolo potrebbe essere “Lasciate aperta quella porta che prima o poi torno! O me ne vado di nuovo?”.

 

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