L’esordio degli Enjoy the Void alternative band che farà strada

Con una composizione complessa e ricca di arrangiamenti gli Enjoy the Void non lasciano nulla al caso e si presentano nel panorama delle produzioni con un lavoro che è una gemma.

Enjoy the Void pubblicato a marzo 2018 giunge a noi di Psycanprog come una meteora. Presentato con un’anteprima in streaming su RockON vede la luce nei vari supporti audio il 26 marzo scorso, ma chi ha avuto il piacere e la fortuna di ascoltare questa produzione, siamo sicuri di questo, non la abbandonerà così facilmente. Realizzato nell’arco di due anni, con Enjoy the Void la band di Bertolino ha definito un proprio stile del tutto personale, fatto di un sound scorrevole, piacevole, che lascia spazio ad ascolti piacevoli e ben si adatta a quelli che poi, alla fine, sono i suoi contenuti. La musica è costruita con un potenziale concettualistico ed arrangiamenti curati nel dettaglio, con una concezione del lavoro stucchevole e piena di senso. Chi lo avrebbe mai detto che in giro per l’Italia c’è ancora tanta buona musica … che per fortuna non è quella che ci propinano il primo maggio. Enjoy the Void attraverso il suono esprime tutte le sfaccettature proposte dai testi e si capisce sin da subito l’importanza che per questa band rivestono sia i testi che le liriche. Qui c’è rock allo stato puro, quel rock difficile da trovarsi nei canali e nei meandri della rete, difficile da trovare anche nei supporti sempre meno venduti ma che a volte nascondo irrinunciabili sorprese. Sergio Bertolino, l’artefice di questo lavoro è del sud, ma è andato al nord per esportare quella creatività che nel settentrione trova modo di esprimersi anche se poi pesca proprio nel meridione italiano le menti migliori. La cultura in genere e quella della musica poi, trovano, purtroppo, terreno fertile in altri lidi e questo è un peccato considerato che proprio al sud non mancano idee buone, spesso rubate da altri. Ma torniamo ad Enjoy the Void perché è di questo disco che vogliamo occuparci ora; il vuoto a cui si riferisce il disco è di stampo attuale, con distorsioni di chitarre, un basso ultrapreciso ed una ritmica che lascia sgomenti per la produzione di un suono che sta in quella terra di mezzo tra il rock alternativo ed il grunge che non muore mai. Certo non mancano anche qui quelle propensioni al sound fine anni ’70, ma si sa com’è,  quel rock non muore tanto facilmente anzi, sono proprio le giovani band ad idolatrarlo sempre più … e questo è un bene per la musica tutta. Come album di debutto non c’è che dire, speriamo che gli Enjoy the Void proseguano su questa strada, anzi si migliorino e non smettano mai di ricercare. In Enjoy the Void ogni solco ha vita a se, e pur non essendoci un filo apparentemente logico sembra che il disco sia stato concepito come un concept perché tra le tracce vi è comunque quella sorta di continuità che lo rende stucchevole. Brani come Our Garden, o Stay Away rappresentano davvero i gioielli nascosti, quelle perle che quando le ascolti torni indietro a riassaporare di nuovo perché c’è tanta sostanza e questa consistenza guarda ad un futuro che una band così non si deve né può lasciarsi sfuggire. Questo disco, poi, rappresenta tutta quella voglia nascosta di suonare come si faceva una volta quando imbracciavi la chitarra e le dita scorrevano alla ricerca di una svisata, di una nota che resti per davvero e non sia solo un passaggio nella scrittura. Già, la scrittura, quella che qui ci colpisce in maniera forte e sostanziale grazie a testi che sin dal titolo, quel Goditi il vuoto, ci sembrano azzeccati come non mai perché parlano, ed ai giorni nostri è difficile farlo, di amore, quello idealizzato, o di amore tossico da cui ci si deve liberare o di quell’amore lacerante come uno dei brani di Patti Smith dedicato a Fred Sonic Smith, suo marito, che troviamo in Gone Again. Insomma uno scorrere anche letterario sui diversi punti di vista dell’amore. Ma c’è anche il desiderio, la solitudine, l’indefinito. Il brano di apertura, The most sublime sembra riferirsi a quella noia che come gli Enjoy the Void hanno dichiarato in un’intervista, ha preso l’idea da una frase di Leopardi; qui però la musica ha saputo trasformare il tutto in un cammino sonoro dove oltre all’enfatizzazione del poeta ci trovi anche Baudelairee tutti quei poeti maledetti che io personalmente amo tanto, Rimbaud e Poe su tutti. Quello che colpisce in particolare poi è la voce di Bertolino che ha quelle sfumature alla Chris Cornell, grande del grunge, che se ne è andato via da poco. E poi Nanaqui che tratta il tema del disagio psichico con un attacco alla Red Hot Chili Peppers che rende giustizia a questi musicisti perché di quel grande gruppo non ne prendono l’esempio ma confezionano un proprio suono dallo stile del tutto personale …. inconfondibile. Our Garden, pubblicato in anteprima come video e singolo, è una dolce ballata rock che riporta ad una tristezza senza scampo ma allo stesso tempo dà il senso pieno di quella luce che solo un grande rock sa dare. Insomma, gli Enjoy the Void anche con questo pezzo sembrano dimostrare di avere gli attributi giusti per sfornare brani di alta qualità. Con Doubt si aprono le porte ad un bel percorso funkeggiante con il supporto alla voce di un bel coro ed una trama musicale morbida e precisa allo stesso tempo. Noi ci abbiamo battuto il tempo con i piedi e la testa … si perché questo disco fa andare fuori di testa perché non è tutto quel sound che le major ci propinano quotidianamente, anzi dovrebbero fare maggiori sforzi a produrlo. E come dicevamo prima arriva a questo punto la sorpresa The usual blues, e non voglio parlarne più di tanto perché bisogna ascoltarla, con quel suono vecchio stile con tanto di personalità e modernità, altro che chicca come abbiamo affermato in precedenza. Something Strange all’apertura space rock si rivela invece una ballata rock a tutto tondo: non ci sono sfumature neanche qui ed il pezzo si manifesta in tutta la sua potenzialità con chitarre che sanno cucire ogni minimo passaggio per renderlo unico. A Prayer che mi riporta a certe sonorità pattismithiane non è la solita preghiera sacra e lo dimostrano una ritmica ed un tocco di chitarra che sostengono una voce che qui è davvero incantevole. Che band ragazzi che mi hanno proposto di recensire! Probabilmente l’abitudine a certo sound non ha avuto però l’effetto desiderato perché qui si viaggia a tutto tondo, e caspita se si viaggia. Ed è inutile continuare a parlare degli altri pezzi di questo disco che lascia il segno, non faremmo altro che ripeterci su questo stucchevole lavoro degli Enjoy the Void che merita tanto perchè è un album davvero aperto a sonorità diversificate ed versatili e fanno bene a non voler essere etichettati perché la loro è MUSICA!

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