Indian Summer – Indian Summer

Originari di Coventry, gli Indian Summer hanno al loro attivo un’unica produzione capace di lasciare un’impronta importante nel panorama del progressive inglese, e non solo in quello. Molte band dopo il loro primo album, spesso risultato efficace, hanno continuato a produrre nuovi lavori che non hanno raggiunto i risultati sperati mentre, per questa band, è bastato il solo Indian Summer del 1971 a fare del gruppo inglese un tassello importante per lo sviluppo del rock anglosassone. Gli Indian Summer si presentano con un raffinato dark prog che tocca vette davvero notevoli che rendono questa loro unica produzione un caposaldo di quel filone rock perché in grado di amalgamare diverse caratteristiche provenienti da altri gruppi, quali ad esempio i Black Sabbath, con lo stile prettamente Indian Summer. Ed è proprio lo stile qui ad essere molto personale; il prog infatti, tra rock solido e passaggi vellutati, si presenta all’ascolto gradevole senza mai stancare (almeno così ci è sembrato). Il periodo cui facciamo espresso riferimento è quello cui fa capo uno dei punti più alti del progressive rock, perché in quel periodo sia qui, che su altri lavori le idee ed i concetti di fondo non mancano assolutamente e questo album, realizzato per la Neon Records, ne è un degno risultato. Tutto prende avvio con God Is A Dog che è davvero meritevole di una segnalazione all’ascolto per quel bel rock che vi contiene dove è sufficiente la sola menzione dell’apertura corale a farne un fondamento di quest’album, anche se la voce di Jackson dà un non so che di pop rock old style.  Emotions Of Men sembra aver preso da alcune introduzioni tipiche alla Genesis grazie alla chitarra stile Hackett, ma è in grado anche di andare ben oltre grazie a quell’esplosione di un rock ben più articolato, dove a farla da padrone stavolta sono le tastiere, ed un jazz rock da capogiro che, comunque, non si discosta dal suono tipicamente progressive grazie alla tecnica chitarristica di un Colin Wialliams davvero forte. Glimpse è invece il pezzo che trascina nell’esplorazione di un mondo musicale al quale ci sembra si siano ispirati molte altre band che arriveranno dopo gli Indian Summer e che magari hanno sottaciuto dell’influenza di questi ultimi. Half Changed Again è mistero puro grazie anche alla presenza di un chitarrismo acustico che dà a tutto il dark prog che si sviluppa nel pezzo una bella ventata da sogno, mentre con Black Sunshine il prog si fa sentire, eccome. Ma accade ciò anche alla successiva From the Film of the Same Name che sembra anticipare di molto i ritmi che saranno quelli di certi Santana degli albori, grazie a quell’atmosfera che le keyboards di Jackson riescono a creare, un pezzo che a noi ha affascinato anche per il modo in cui il solito Colin Wialliams si inserisce. Secrets Reflected si incastra poi in maniera maestosa anticipando il risultato che porterà al finale di questo lavoro unico, davvero bello e interessante; infatti Another Tree Will Grow è puro sogno (e continuiamo a sognare!), perchè sembra quasi di immergersi in quell’immaginifica atmosfera di band che faranno del melodic prog la loro caratteristica principale. Indian Summer è un album pieno di certezze, genio ed immaginazione,  ma è anche un lavoro dove l’Hammond e l’armoniosa chitarra la fanno da padrone insieme ad una voce che lascia di stucco. Indian Summer è un ascolto che non può mancare perché rappresenta un canone assoluto del progressive rock, infatti le composizioni lunghe e complesse hanno nelle tastiere e nella chitarra il totale dominio; e poi la voce di Jackson non lascia scampo alle caratteristiche atmosfere che trasmette perché ti arriva come un macigno dentro l’anima. Comunque, al di là delle nostre osservazioni tecnicistiche, ognuno degli otto brani qui contenuti sono davvero dei capolavori difficili da trovarsi ai giorni nostri. Nonostante la loro breve durata gli Indian Summer sono da considerarsi una band di culto ed è davvero un peccato che nel ’72 il quartetto si sia sciolto, probabilmente anche sulla spinta dello sfrenato modo di vedere certe cose da parte del pubblico che ha preferito convergere su band come i Genesis e loro simili; eppure gli Indian Summer non mancavano assolutamente di determinazione nelle loro composizioni, ne è esempio l’omonimo diso che a noi piace ancora. Sarà….. ma qui c’è il rock che amiamo.

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