Low Standards – Are We Doing The Best We Can

Torino e provincia hanno sempre dato tanto alla musica, e per chi conosce bene la città sa pure che la capitale dell’automobile è sempre stata un terreno fertile per le giovani band cui, grazie all’impegno di tanti giovani, non sono mai mancati spazi né occasioni opportune per muoversi nei meandri della promozione, anzi, dell’autopromozione musicale. Capita così che quando ti arriva a caso il solito pacchetto di cd da recensire tra quelli ci trovi, appunto, band che si sono lanciate nel mercato discografico con coraggio e ad essere coraggiosi son sempre giovani ragazzi spesso scoperte inaspettate. Ed è proprio il caso dei Low Standards che dopo aver pubblicato un EP nel 2013, Revolushhhh per la Flyng Lids Records, si ripresentano nel 2015 con un altro EP Enough nel quale ospitano anche un certo Garrett Klahn, voce dei Texas Is The Reason. Ma quel 2015 segna anche un passo importante per la formazione torinese che cambia assetto con ben tre chitarre, un vero e proprio salto nelle formazioni tipo Humple Pie, per giungere poi, con questo assetto, nel 2017 a realizzare Are We Doing The Best We Can che viene pubblicato nel marzo 2018 per la label inglese Engineer Records. Se si escludono Remember Me e Crazy Boy, pubblicate precedentemente nelle produzioni in EP, ma che comunque in questo Are We Doing The Best We Can sono state riarriangiate, questa nuova creatura dei Low Standards si dimostra essere oltre che diretta, sincera perché non vi sono fronzoli di sorta, pur essendo stata fatta in studio dove i computer sono onnipresenti, mentre qui, invece, si respira proprio sound da palco. Certo, il perfezionamento è poi avvenuto in quel di Chicago grazie alla masterizzazione di Carl Staff, ma il risultato … è assolutamente da sentirsi bene, e forte, nelle orecchie. Le armonie proposte qui dai Low Standards sono quelle tipicamente elettriche, tutte ben sostenute da un groove compatto, dove spicca, comunque, la presenza di un’emo-core di origini americane quasi a dire … tutto il mondo è paese quando si tratta di musica. E questa nostra convinzione si riafferma già con l’avvio del primo pezzo Bite Me che viene poi rafforzata con Silent Decor molto più vicino ad atmosfere tipicamente indie ma che miscelano anche rock ben più datato. E se con The Twist si ritrova una vellutata presenza di post, attraverso Remember Me si sfocia nel pop di Just Like Silence che apre ad atmosfere vellutate, ma anche ben più rafforzate quali quelle di Slow Dancers in a Rush Hour. Quando poi giungiamo a Crazy Boy che rafforza il concetto del nuovo sound ricercato dai Low Standards, giunge il lungo pezzo di chiusura Distance by Connection capace di sintetizzare in un botto solo cosa sia davvero questa band. Suggerimento: ascoltare per credere.

Ti potrebbe anche interessare