T. Rex – A Beard Of Stars

Quarta fatica per i T. Rex che nel 1970 giungono alla realizzazione di A Beard Of  Stars con un cambio immediato di formazione che darà nuova linfa a tutto il sound bolaniano; infatti pur collaborando insieme, ma su linee diametralmente opposte, Bolan e Took arrivano alla decisione di separarsi anche sulla scia di quanto già accaduto durante la realizzazione di Unicorn che vedeva i due posizionarsi su idee e convinzioni diverse. Il posto di Took viene allora preso dal bonghista Mickey Finn che contribuisce alla realizzazione di quest’ultimo album, a nome Tyrannosaurus Rex, che ha sonorità ben più sperimentali dei precedenti grazie soprattutto ad un Bolan che alla chitarra elettrica dà una svolta davvero decisiva al sound che fino ad allora aveva contraddistinto la band. A Beard Of Stars diventa da subito un album che proietta il sound degli inizi bolaniani, fatto di psichedelìa, in quello che sarà davvero il suono definitivo che prenderà il nome di glam rock, pieno di quelle atmosfere e di quel calore che raramente trovi in un album che di colpo diventa magico. In questa produzione la musica diventa molto più accessibile rispetto ai precedenti lavori, e ciò grazie anche ad un uso ben più espansivo della chitarra elettrica che impone ritmi più rock con il risultato finale di far avvicinare molti più ascoltatori del solito. Già da qui si intravede cosa diventerà in futuro la musica che renderà famosi i T. Rex senza contare che, proprio quella musica, sarà il viatico anche per il futuro di un nuovo genere pronto a bussare alle porte come il punk. In A Beard Of Stars i brani sono meglio architettati rispetto ai precedenti tre album, con la voce di Bolan  che risulta essere più limpida e distinta. Ed è proprio questa accessibilità che porta il pubblico ad avvicinarsi sempre di più alla band. A Beard Of Stars è di gran lunga superiore a My People Were Fair con suoni elettrici che lo rendono vivo, con brani effettivamente migliori e più articolati ed una maggiore convinzione compositiva di Bolan. Potrà anche sembrare che i singoli pezzi si assomiglino in gran parte, ma il suono colpisce soprattutto in quelle composizioni come Pavillion Of Sun, Lofty Skies e By The Light Of A Magical Moon con la novità sonora di Wind Cheetah che è sicuramente una innovazione rispetto al sound conosciuto dei Tyrassosaurus Rex. Certo non si può parlare di capolavoro, ma la crescita musicale si nota, Bolan non si lascia attendere, e le produzioni dei Tyrannosaurus Rex continuano sempre più a crescere anche in termini di qualità. E’ veramente piacevole ascoltare A Day Laye o Fist Heart, ma anche Organ Blues fa la sua parte perché con la sua strumentalità dimostra di che pasta sono fatti questi rocker. A Beard Of Stars è davvero il punto di svolta bolaniano, una svolta che porta l’artista ad abbandonare i panni dell’hippie per buttarsi a capofitto nelle nuove vesti di una lisergia che non lascia scampo all’ascolto. E poi, uno come Bolan, che è già di per sè un genio, e che si lascia coinvolgere dalle idee e dall’esperienza di un certo Tony Visconti, come fa a non produrre lavori di spessore che pur nella brevità compositiva, non lascia scampo alla creatività ed al genio che sono insiti non tanto nel personaggio che rappresenta quanto nell’uomo e nell’artista, quel musicista che ha davvero suonato la campana per la nascita di nuovi generi di rock. In A Beard Of Stars c’è tanta libertà artistica, peccato che da lì a breve quella libertà scomparirà perché soppiantata dalla necessità commerciale di vendere da parte della casa discografica. E’  proprio vero che i soldi uccidono la creatività ……. capitò anche a Marc Bolan il fragile folletto del rock!

 

 

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