Vieux Carrè – Eteronimie (2012): tra suoni, elementi e….letteratura

Questo disco è l’ultimo in ordine di tempo che abbiamo ascoltato non solo con interesse ma che abbiamo divorato come un libro. Anche se il lavoro risale all’ormai lontano 2012, il contenuto non si perde nel tempo…anzi…. E pensare che avevo ricevuto Eteronimie per ascoltarlo …. ma non ce l’ho proprio fatta ……

Vieux Carrè, band umbra di rock prog nata nel 2003, esordisce nel 2005 pubblicando il primo album, completamente autoprodotto, Gli spiriti, i corpi e le menti, nel quale si notano le influenze di quelli che sono stati i precursori dell’italian progressive quali Banco e PFM, un suono che si lascia contaminare anche dalle influenze stile Genesis che hanno contributo a creare quella sorta di british rock teather che tutti conosciamo.

Un tocco di originalità, comunque, lo si può ben trovare in questi ragazzi che corrispondono al nome di VieuxCarre’ e che comprende, almeno per questa seconda produzione, Alessandro Bartolucci alle tastiere, Federico Barbieri alla batteria, Filippo Zelli alle chitarre, Marco Rimbaldi alla voce e Nicola Palladino al basso. Fortemente ancorati agli anni ’70 con belle sfumature jazz, la musica dei Vieux Carre’ coinvolge da subito grazie alla qualità degli ottimi musicisti che ne fanno parte, una band che va direttamente alla componente sonora, con brani ben allineati tra loro, composti senza strafare e che vanno subito al sodo, con una sezione ritmica  che è quanto di meglio si possa ascoltare in un disco prog e jazz allo stesso tempo. Ma in questo lavoro ci sono anche passaggi che ricordano certi momenti dell’era crimsoniana perché le variazioni insite nel disco sono, a volte, oltre che smodate, di assoluta qualità grazie anche a quelle sottili sfumature jazz-rock di vecchia memoria che vi gravitano intorno. E non mancano, in questa produzione, riferimenti ben più profondi che fanno capire quanto, questi ragazzi umbri, abbiano a cuore le più alte forme di letteratura ovidiane, o le spedizioni in Antartide, o quelle ispirate dallo scrittore portoghese Pessoa. Un coacervo, insomma, di elementi che uniscono musica e letteratura e potremmo aggiungere, esperienza umana. Eteronimie, pur essendo un prodotto risalente al 2012, non perde mai la sua originalità grazie ad un’idea di fondo che è sostanzialmente legata al concetto letterario dell’eteronimo di Fernando Pessoa. L’apertura del disco, affidata a Relegazione, si ispira ad Ovidio, bandito nell’ottavo secolo dopo Cristo da Tomis, città del Mar Nero, un brano che richiama alla mente certe atmosfere degli Area, della P.F.M. o quello dei Museo Rosembach. Ed è proprio questo grande avvio ad alimentare le attese di un disco che in fatto di suoni non si lascia sfuggire nulla. Infatti, Terra Nova ci fa piombare in una specie di teatro rock stile Osanna dove la chitarra acustica e le tastiere cuciono sapientemente armonie che ci conducono ad immaginare quel Circolo Polare Artico, di cui si narra, dove Robert Falcon Scott, insieme a tutti gli uomini che lo accompagnavano in quell’avventura, persero la vita. Praz è tipicamente Area (anche se qui non c’è la voce di Stratos) che man mano si trasforma, con passaggi tipici alla P.F.M. ed in particolare alla Banco, in un progressive che con il pianoforte, di cui si percepisce il tocco, è puro “classicismo” rock. A farla da padrone, poi, è il basso di Nicola Palladino che insieme a batteria e moog sostengono la voce di un bravissimo Marco Rimbaldi. Il brano è comunque complesso con l’altalenarsi di chiavi sonore sempre più vicine al rock italiano più classico. Con Il Cardine Storto il progressive sommerge l’avvio classicheggiante al piano con grandi atmosfere e suoni che nulla hanno a che invidiare ai grandi nomi del rock nostrano anni settanta, ma qui è proprio un vero  ballo rock. El Gabal ci proietta in un mondo di improvvise pause e variazioni di grande impatto, il suono del sax e la chitarra di Filippo Zelli fanno la loro parte, in particolare quest’ultima che emana note di un solismo essenziale. E forse è proprio qui la bravura dei Vieux Carre’ che sono semplicemente essenziali e non superano mai, sapientemente, la linea di confine tra l’essenzialità e lo strafare. Musicisti veri, insomma! Evans, dedicata al grande Bill Evans è un pezzo di pianoforte e nulla più, ma basta questo e fare davvero grande ed unico questo brano che ho riascoltato diverse volte. Tenno è cetamente il pezzo che ci riporta agli albori di un rock italiano vecchio stampo dove è percepibile una sorta di lirismo ormai dimenticato ma che i Vieux Carre’ riportano a galla con assoluta maestrìa …. e lo si sente, un pezzo che ci ricorda i primi concerti rock nei teatri dove tutto era  ….. sospeso, anche l’anima. Con Ramo Di Lillà, dedicata al regista Sergei Eseinstein, che cambiò il modo di fare cinema grazie alle sue intuizioni sui montaggi e sulle inquadrature, veniamo introdotti al brano successivo che del titolo Inquietudine, prende le sonorità adatte a raccontare, anche attraverso un bel testo, Tabacaria che è l’opera dello scrittore portoghese Fernando Pessoa, paragonato a Pablo Neruda, e definito il poeta più rappresentativo del XX secolo, un poeta scrittore capace di creare altre vie attraverso i suoi eteronimi, già, proprio così, Eteronimie! Chiude questo lavoro Un Altro Sogno Di Coleridge che definire musical letterario non ci pare errato, anzi. Eteronimie è una produzione che non deve mancare se piace il classicismo del rock suonato attraverso i racconti dei grandi personaggi di un tempo. Eteronimie è un rock progressivo lirico influenzato da atmosfere acustiche, jazz e da un classicismo difficile a reperirsi. Davvero un disco che merita tutto il bene possibile! Dovrebbero tornare ad autoprodurre..

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