Raoul Moretti – Harpness

Prendo in mano il cd ed aprendolo vedo un uomo che sembra giocare con un’arpa; mi chiedo se abbiano sbagliato ad inviarmi il supporto poi, incuriosito, e prima di metterlo nel lettore lo analizzo. Poi quando lo inserisco nell’impianto hi fi è lo stesso impianto che mi segnala di non trovarmi di fronte a John Cage o Brian Eno che hanno fatto dello sperimentalismo il loro lavoro principale. Ma questo disco di Raoul Moretti, con la sua arpa non è poi così lontano da quei nomi e da quei suoni tanto da capire che l’artista ha inglobato nel suo dna certe idee, ed allora ecco perché mi ritrovo qui a scrivere di quest’artista per i nostri lettori. La musica è tutta qui a dimostrare che Moretti è un genio dello strumento, un musicista completo che sa muoversi in atmosfere che solo uno strumento come l’arpa è in grado di trasmettere. Già dall’apertura di Harpness, affidata a Sharpness si possono ascoltare i primi passaggi che aprono la mente e l’animo ad un disco che sarà tutto un divenire grazie anche al contributo di Michele Bertoni. Il pezzo ci riporta molto vagamente ad un viaggio tra le atmosfere di stile oldfieldiano che incorporano anche alcuni meccanismi alla Juri Camisasca ma che non influenzano la scelta di amalgama fatta da Raoul Moretti. Il pezzo torna a distendersi poi con arie di stile pinkfloydiano che inchiodano sulla sedia in attesa di capire quando e come il viaggio tra i suoni finirà. Das Unheimlich emana sin dall’inizio dolcezza e ricercatezza alla John Cage grazie anche al violino di Erica Scherl, che è di una calibratura perfetta, in attesa del sopraggiungere della contaminazione di Valerio Corzani che appare ben calibrata e non invade la peculiarità di questa dolcissima passeggiata. Mi Alma Viajera muove l’arpa di Moretti in una specie di viaggio accademico nel post rock, con una tenuta semplicemente fantastica e mai strabordante anzi, misurata e pentagrammata come si addice a quei musicisti che apparentemente sembrano più preparati ma, in realtà, sono assolutamente dei geni perché amano ricercare suoni inconsueti. Near Death Experience ci porta invece in un’ambiente che a noi, personalmente, ricorda il berliner wall di antica memoria quando, visitando la capitale tedesca, sembrava di trovarsi in un limbo tenebroso che prima o poi, ci avrebbe condotto negli abissi infernali meno conosciuti. Con A Kaleidoscoping Mind invece l’inferno esplode tutto nei meandri più reconditi della mente umana, con una serie di suoni che virano verso l’industrial. Probabilmente questo stato di cose fa sì che A Kaleidoscoping Mind sia il brano più concettuale dell’intero lavoro, molto vicino ad un Cage che si affaccia ai nostri tempi facendo viaggiare davvero la mente in un caleidoscopio di colori e luce. Ma non manca molto a raggiungere il massimo dei suoni con The Black Swan che si presenta con una serie di meccanismi ed intrecci musicali ricercati dove diventa fondamentale l’apporto di un Marco Truppo che gondola tra sintetizzatori ed altre diavolerie. Il viaggio (interstellare sonoro) continua con Universi Paralleli (pura coincidenza dare lo stesso titolo dell’album degli Arti & Mestieri che abbiamo recensito per un altro sito a cui collaboriamo), ma qui si ha davvero la sensazione di viaggiare nell’universo per raggiungere il punto di incontro con altri mondi. Il disco continua fino alla fine su questa scia grazie ad un musicista, che utilizza uno strumento poco convenzionale come l’arpa, che apre a nuove strade attraverso una sperimentazione pacata e mai tendente allo strafare ma che punta sempre all’essenziale. Harpness di Raoul Moretti è un lavoro che non manca di stupire quando lo si ascolta perché il musicista italo-svizzero riporta ad ascolti passati che ci hanno visto aprire le porte all’eleganza sonora di Robert Fripp e al geniale Brian Eno. Logicamente qui però è tutto Raoul Moretti e basta.

 

 

 

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