Gianluca D’Alessio – Sunrise Market

Quando ho messo nel lettore questo cd sono letteralmente balzato dalla mia solita poltrona vicino allo stereo! Sarà stato il suono della gibson di Gianluca D’Alessio? Sarà stato il rock che mi è subito caduto addosso? Non lo so, fatto sta che mi son chiesto se avessi sbagliato disco perché sembrava di trovarmi tra Satriani e Jimmy Page, ma non erano loro. Beh ogni tanto capita di trovarsi di fronte ad un disco dove è la chitarra a dettare la legge, e se quella chitarra è suonata poi con la maestrìa di Gianluca, allora sì che quelli sono momenti che non si scordano con facilità. Poi, una volta ripresa in mano la custodia del cd e datagli una breve occhiata leggo … etichetta di distribuzione Burnig Shed ….. ma non è quella dalla quale passarono anche Genesis e Peter Gabriel? Poi, passando ai musicisti leggo Gaavin Harrison e John Giblin e mi dico ma questi sono l’uno batterista dei Porcupine Tree, l’altro grande collaboratore di artisti come Paul McCartney, Peter Gabriel, Phil Collins …… Insomma che succede stasera? Eppure il cd mi era arrivato da qualche giorno, ma indaffarati come siamo ed in giro di qua e di là, non avevo avuto ancora il modo di aprirlo, e me ne faccio una colpa perché non sapevo cosa mi perdevo. Sunrise Markets è il disco di esordio di Gianluca d’Alessio, ma per essere un esordiente si circonda di gente con tantissima esperienza; poi scopro che di esperienza lui ne ha …. e tanta. Infatti, D’Alessio è membro dell’orchestra della Rai ma ha alle spalle – pur giovanissimo – esperienze di una certa caratura che hanno fatto maturare il suo sound migliorandone la tecnica. Ed è proprio la tecnica di D’Alessio a stupirci di più perché in grado di passare, sempre attraverso il rock, in contaminazioni che non strabordano mai, anzi sono calibratissime per il sound che propone all’ascolto. Sunrise Markets da un brano all’altro fa viaggiare tra fusion e progressive senza disegnare i passaggi acustici, mentre per il cantato bisogna attendere un po’ fino a Drawing Borders, ma ci sta tutto perché qui è la musica che regna sovrana, e che musica ….. Maestro! E poi qui c’è anche una nostra vecchia conoscenza “pugliese” come lo è Riccardo Rinaudo con cui ci siam conosciuti, guarda un po’…. ad un concerto in Puglia dei Warlocks (se non ricordo male) …. le coincidenze ….. Sunrise Markets è un vero e proprio viaggio musicale attraverso i generi di cui D’Alessio è padrone assoluto. Certo l’influenza della big London si sente eccome (ecco invece una cosa che abbiamo in comune con D’Alessio visto che li ci andiamo di frequente), infatti il pezzo che dà il titolo all’album ci riporta a qualche settimana fa quando eravamo in giro per Camden Town che, comunque, non è più quella di una volta, ma l’atmosfera musicale è quella giusta per descriverne gli angoli più reconditi di questa minicittà di strani mercatini che ricordano (a noi) un passato. L’apertura del disco, affidata a The Crow è un rock che pesca in un recondito blues di vecchia data con passaggi che ricordano molto un Satriani dal quale, D’Alessio, succhia il nettare per trasformare tutto in una personalissima interpretazione, da grande musicista. Con Song 6 il nostro concepisce un modo nuovo di inventare musica, riportandoci a certi suoni all’ Andy Wood più melodico, e qui sono fantastici i passaggi di scale sulla sua gibson che imbraccia nella copertina di questo lavoro. Per Sunrise Markets oltre alla forza incontestabile del pezzo è da segnalare il bel duetto tra D’Alessio e Gavin Harrison con una batteria che, come è lecito aspettarsi, viaggia tra suoni crimsoniani e quelli alla Porcupine Tree, band nelle quali proprio Harrison ha militato. Bisogna dire che se il brano successivo, Cactus, parte con un bel blues si inietta strada facendo di una fusion che fa da apripista ad uno stupendo susseguirsi di fraseggi che creano atmosfere d’altri tempi rock andati ma mai tramontati. Sunrise Markets non è solo l’esordio solistico di Gianluca D’Alessio ma è un disco dove molteplicità di stili, la facilità di passaggi tra una scuola musicale e l’altra danno enfasi e ricchezza ad un disco nel quale non vediamo alcun genere di smagliatura. A ciò aggiungiamo anche la bella atmosfera acustica di Drawing Borders ed il dado è tratto, E non c’è altro da dire a questo punto quando l’esperienza, il perfezionismo e la bravura di un musicista non solo le si ascoltano ma le si percepiscono sulla pelle. Un lavoro ottimo, peccato non averlo ascoltato prima. Ah, a proposito …. mi sono riseduto in poltrona.

 

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