Paolo Tarsi – A Perfect Cut In The Vacuum (2018)

Il nuovo lavoro di Paolo Tarsi, nonostante le fitte collaborazioni delle quali si circonda, esprime, oltre che musica a 360 gradi, tutta l’esperienza che l’autore ha finora accumulato. I suoni qui sono il risultato di uno studio approfondito su come la musica si sia fin qui evoluta. E l’evoluzione è anche la rappresentazione di stati d’animo che nel caso di Paolo sono sostenuti da grandi collaborazioni.

Elettronica, jazz, sperimentale, ricerca, in sintesi …. l’imprescindibile mondo di Paolo Tarsi che si materializza nel suo ultimo lavoro, colmo di collaborazioni importanti ed uniche, quel A Perfect Cut in the Vancum che sintetizza alla perfezione la sua idea di musica ed arte. Quando lo intervistammo ad inizio anno, in occasione della pubblicazione del suo libro, L’Algebra Delle Lampade. Musica Colta Da Culture Incolte, Paolo, di certo uno degli artisti protagonisti dell’attuale scena elettronica, jazz e rock, ci svelò che il suo modo di essere musicista è quello di affrontare i territori sonori da angolazioni differenti cercando di mantenere nel contempo una profonda coerenza all’interno di ogni singolo progetto. Ed in questo A Perfect Cut in the Vancum, Paolo Tarsi si butta a capofitto nell’esplorazione di quei territori riuscendo a scovare in ciascuno di essi il vero nettare del suono. Ed infatti le 21 tracce di questa nuova release – che si compone di 2 CD – pulsano in un climax dove si susseguono, come in un immenso dance mix celeste, sonorità sempre più intense che si accavallano ad  echi ambient che poi si fondono con la Kosmische Musik ed il progressive, passando attraverso l’elettronica techno contaminata da tinte kraut, fino a specchiarsi nell’irresistibile universo del synth pop. Ma per giungere a questo risultato che è davvero un’enorme amalgama di suoni e stili che si intrecciano, si inseguono, si moltiplicano e si dividono, Tarsi si è spinto in collaborazioni artistiche di tutto rispetto che hanno portato al coinvolgimento di veri e propri miti della musica; infatti, per l’elettronica sono stati coinvolti la vilonista Hoshiko Yamane, musicista classica, dal 2011 in pianta stabile nei Tangerine Dream ma con molte esperienze solistiche interessanti, lo storico tastierista Steve Schroyder, sempre dei Tangerine Dream,  e tre ex componenti dei Kraftwerk come Emil Schult, Eberhard Kranemann e Fernando Abrantes. Altri artisti provengono da ulteriori esperienze musicali molto importanti con i King Crimson, Tuxedomoon, Henry Cow, National Health, Area, Afterhours, Radiohead, Sof Machine, Bryan Ferry, Caravan, Hatfield and the North, insomma quasi il fior fiore della musica mondiale che nella ricerca trova la sua principale radice. Le 21 tracce che compongono i due cd che Tarsi ha realizzato, sembrano susseguirsi come una sorta di dance mix dove i suoni sono sempre più intensi; infatti echi di stile ambient si fondono con la Kosmiche Music ed il progressive contaminandosi di elettronica fino al raggiungimento di quello stato sonoro di synth pop che sembra aprirsi anche alla new wave. Ed è così che il primo cd, Unique Form of Continuity in Sound, si compone anche di richiami a quello che è stato l’album di debutto di Tarsi nel 2015, Furniture Music for New Primitives, giudicato dalla critica come uno degli album più belli ed importanti di quell’anno. Ora, Tarsi, con questa nuova uscita, nel primo cd di quest’opera amplia la sua ricerca mentre, nel secondo, Artificially Intelligent, Tarsi affronta il tema dell’intelligenza artificiale, tema questo sempre più attuale, e che l’artista affronta con quella sperimentazione sonora che guarda a tanti generi ma anche ad un pop di pura genialità. Paolo Tarsi dimostra con questo suo nuovo lavoro di volersi spingere sempre oltre la cortina di suoni comuni che tutti, bene o male, conosciamo, ma la cosa che ci colpisce di più di questo artista è che la sua sembra essere una sete di sapere, di conoscere cosa c’è al di là dei propri limiti e, quali siano poi tali limiti. Finora sembra che per Tarsi la parola “limiti” non faccia parte del suo vocabolario né tanto meno del suo dna e questo è di certo un bene per tutta la musica, in particolare per la nostra musica, quella con la M maiuscola, logicamente.

Ti potrebbe anche interessare