Steve Hackett – At The Edge Of Light

Se il rock progressive sembra stia conoscendo una nuova età, alcuni dei musicisti che hanno da sempre calcato quelle scene sembrano invece dimostrare che per realizzare degli ottimi lavori l’età non serve. E’ quanto sta accadendo ad un certo Steve Hackett che sembra non abbia mai perso, finora, la voglia di realizzare musica anche se a volte questa appare non proprio all’altezza del personaggio musicale che Hackett rappresenta. E quanto successo ad esempio con Wolflight del 2015, che è poi divenuto un album da dimenticare, ha successivamente portato l’artista a pubblicare nel 2017, The Night Sirens, che ha registrato un cambio di rotta nelle scelte dell’ex Genesis e che, per fortuna, ci restituiscono l’artista che tutti noi conosciamo. E’ anche vero però che a volte dalle vecchie guardie ci si aspetta poco, ma il continuo stile di rinnovamento, anche tecnico, oltre che artistico di Hackett, ci danno l’idea di quanto l’ex Genesis sia sempre in grado di dare alla musica rock ed in particolare a quel progressive di cui non ha mai smesso di vestirne i panni nonostante … l’età. Con At The Edge Of Light l’ex Genesis oltre che circondarsi di musicisti di tutto rispetto, cerca di abbracciare un arco temporale ben marcato che portò il progressive ad essere quello che oggi rappresenta, non disdegnando comunque quelle contaminazioni inusuali che hanno reso celebri i suoi lavori solistici. Tra l’atro questo nuovo lavoro anticipa di poco l’avvio del suo tour che intende celebrare il quarantesimo anniversario di quel capolavoro genesiano che corrisponde a Selling England By The Pound. L’album, interamente registrato nello studio personale dell’artista vede l’apporto di diversi musicisti quali Durga e Lorelei McBroom che sono le ex coriste dei Pink Floyd, i batteristi Nick D’Virgilio che abbiamo avuto sempre il piacere di ascoltare con gli Spock’s Beard, band da noi segnalata nelle classiche del 2018 con uno dei migliori lavori dello scorso anno, Simon Philips dei Toto e così via. Con questo nuovo At The Edge Of Light, Hackett utilizza per le registrazioni e le partiture una moltitudine di strumenti che di volta in volta si amalgamano con la presenza di altri artisti che lo accompagno lungo questo viaggio. Già dall’apertura con Fallen Walls And Pedestals, inizia un viaggio che sembra quasi una colonna sonora da film dove riecheggiano sinfonie genesiane di vecchio stampo. Ed infatti è con Beasts In Our Time l’atmosfera cambia di molto pur restando ancorata ad una suite da Cinecittà, ed è la chitarra di Hackett a fare sapientemente da guida ad un’orchestrazione che ci appare magistrale. Con Under The Eye Of The Sun ci sembra di arrivare in quella porzione di terra progressive che appartiene per lo più ai mai dimenticati Yes, quelli al completo ma anche quelli dell’ultimo periodo un po’ più commerciale, e basta ascoltarlo questo Under The Eye Of The Sun per rendersene conto. Quando poi si arriva al pezzo seguente Underground Railroad, sembra di iniziare il viaggio in stile country-gospel che si pone in controtendenza con quanto di musicale conosciamo di Hackett, ma non guasta perché le novità in album di grandi artisti sono sempre ben accette e spesso rappresentano una vera e propria sorpresa. Anche qui, la parte finale sembra poi richiamare quel non so che di Yes formato Tormato che ritroviamo un po’ anche nella lunga suite di Those Golden Wings alla quale manca solo la timbrica della voce di Jon Anderson. La chiusura di questa riflessione musicale di Hackett la troviamo tutta in quei pezzi seguenti che potremmo definire la simbiosi perfetta presente in questa ultima produzione hackettiana, e che corrisponde a Descent, Conflict e per ultimo a Peace che chiude un album fondamentalmente diverso dagli altri prodotti dallo Steve Hackett che conosciamo. Sinceramente, Hackett avrebbe potuto attendere un po’ di più prima di far uscire questa nuova produzione, magari l’avrebbe maturata meglio ed avrebbe offerto un prodotto più all’altezza del nome che porta. Questa però è sinceramente un’opinione del tutto personale, ma la musica è comunque destinata ad una moltitudine di orecchie diverse…. avranno anche loro la sensazione che ho avuto io?

 

 

 

 

 

 

 

 

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