Kenyon Bunton – This Guy’s Disguised This Sky

Quando certa musica sembra lontana dai nostri ambiti si ha una certa difficoltà ad integrarsi con i messaggi che le nuove sonorità trasmettono. E’ successo anche a noi che di musica ne ascoltiamo tanta ogni giorno, quasi ogni momento potremmo dire, ma quando ci è giunto a casa l’ultimo lavoro di Kenyon Bunton, presi come eravamo da altre personali vicissitudini, abbiamo messo da parte il CD proponendoci di ascoltarlo con attenzione in un successivo momento. Quel momento poi è finalmente arrivato e ci siamo accorti che a volte gli spazi per dedicarsi all’ascolto approfondito di certe produzioni non bastano mai perché, This Guy’s Disguised This Sky di Kenyon Bunton, pubblicato a gennaio di quest’anno ed uscito a poca distanza dal bell’esordio del 2018, quel’All Planets Must Land del quale ce ne occuperemo magari in un secondo momento, merita davvero non solo di essere ascoltato ma potremmo dire assaporato virtualmente. Eh sì, perché le atmosfere create da Bunton meritano di essere considerate quali una vera e propria fusione di generi che variano tra psichedelia ed una certa “medievalità moderna”. Ma c’è dell’altro in tutto This Guy’s Disguised This Sky che non può essere in alcun modo tralasciato, ed infatti sin dalla prima traccia, Seeing Is Stealing, la chitarra assume un ruolo fondamentale perché oltre che ad essere lo strumento in prima linea si catapulta in un bel crescendo portando dietro di sé, poco alla volta, tutti gli altri strumenti per un sound che pur sembrando vicino ad un country di vecchia estrazione alla fine del pezzo richiama molto lo stile adottato dai primi Genesis, ed in egual misura, dai Jethro Tull più acustici. Comunque, al di là delle nostre considerazioni stilistiche, il pezzo ci appare ben costruito, e questo è l’evidente segno di che genere di artista abbiamo in ascolto sul piatto del giradischi. Se non fosse poi per la linea musicale di apertura, il secondo pezzo ci sembra essere un brano estratto da una world music allo stato puro che nulla ha da invidiare a chi ha adottato questo genere nel rock; infatti Seeign Infinity è una vera e propria lirica soft che sembra essere appesa alla psichedelia folk di certi Fugs d’altri tempi. Insomma una vera e propria chicca, così come tutto l’album che stiamo ascoltando con notevole piacere. Pass The Salttende a mantenersi sulla stessa onda media con atmosfere lisergiche che danno la sensazione di un viaggio in lande deserte grazie a quella chitarra acustica che è davvero un piacere ascoltare. Il successivo passaggio, quello di The Sky Ain’t Blue, apre ad un rock di matrice C.S.N.&Y. che non disdegna a questo punto un disco che si sta rivelando più che piacevole, insomma una vera e propria novità che sembrava avessimo dimenticato. Il pezzo che dà il titolo all’album non poteva non giungere in questo momento per stemperare quella musicalità fin qui proposta da Kenyon Bunton, ma il suo essere vicino a certi movimenti fa sì che This Guy’s Disguised This Sky diventa un vero e proprio viaggio che ci ricorda certe sperimentazioni alla Lino Capra Vaccina che ben conosciamo. L’artista prog più compiuto lo troviamo in The End Of A Superhero che gioca superbamente fra strumenti e voce con un mantenimento della musicalità prog che diventa quasi pura poesia. Una traccia consistente davvero questa, tanto da meritarsi l’appellativo di probabile miglior solco, ma lascio a voi qui decidere, perché, come sempre, l’ascolto di un disco è sempre del tutto personale. Con Waiting For A Train si ritorna alle atmosfere soffici che tanto ci hanno ammaliato sin dall’inizio di questo This Guy’s Disguised This Sky, atmosfere che navigano tra psichedelia e ballate capaci di inglobare suoni quasi da space rock. Ed è in questo pezzo che il pianoforte e la chitarra giocano quel ruolo fondamentale che fa di questo disco una piacevolissima sorpresa. Summer Song, dall’apertura al Neil Young elettrico prima èra, mi stimola a ritornare all’ascolto di un vecchio disco del songwriter americano, After The Gold Rush, uno dei miei preferiti. Ma è uno stimolo che provvederò a soddisfare dopo la chiusura di This Guy’s Disguised This Sky, affidata a Waiting In The Rain che dimostra quanto davvero valido sia questo lavoro di Kenyon Bunton, una produzione dove l’artista sembra abbia voluto continuare a dimostrare di che pasta è fatto. E se quanto trapelato corrisponde al vero, quest’anno attendiamo da Kenyon Bunton una produzione live ed un ulteriore terzo CD di nuove proposte che non lascerà di certo insoddisfatti chi lo segue da sempre. Finora abbiamo avuto certezze…per la garanzia aspettiamo il prossimo.

 

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