The Cure – Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me

Dopo l’uscita di The Head On The Door, nel 1986 i Cure producono una raccolta antologica Standing On A Beach/Staring At The Sea che raccoglie le facciate A dei primi tredici 45 giri realizzati dalla band di Robert Smith. Per quanto se ne possa dire, questa raccolta rappresenta la sintesi di una carriera ricca di alti e bassi ma è anche il primo passo verso quel successo commerciale che i The Cure raggiungono verso la fine degli anni ’80. L’anno seguente, nel 1987, i The Cure danno alle stampe Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me, un album che ruota tra romantico ed ironia, un disco che riassume tutto quanto quello che la band era stata fino a quel momento. Fu il bassista Simon Gallup a dichiarare in un’intervista quanto ogni singola canzone di Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me fosse vincente perché rappresentava il giusto mix dei precedenti lavori della band quali erano stati Pornography e The Head On The Door. Già dalla copertina l’allusione è immediata, infatti sulla cover campeggiano le labbra di Robert Smith che diventano l’immagine di un disco che affascina per la sua esuberanza musicale, ed il risultato di questa nostra riflessione, quando si poggia il disco sul piatto del giradischi non si lascia attendere. Alcune tracce sembrano sfociare nelle successive così come accade con If Only Tonight We Could Sleep che apre a Why Can’t I Be You? il tutto in un continuum di suoni ed atmosfere rarefatte e buie, ma che posseggono allo stesso tempo qualcosa in più rispetto a molte di quelle presenti nei precedenti dischi, segno questo di un cambiamento di stile della band quanto mai palpabile. L’apertura dell’album con The Kiss avviene con ben quattro minuti di chitarra, quasi un’anticipazione a quello che verrà, che sembra essere quel martello degli dei che preannunciano la venuta sulla terra, ma in realtà quella che arriva è la voce di Smith straziata più che mai. Catch è invece un pezzo che dimostra come anche i Cure sappiano tradurre la poesia in musica, ed il disco continua pennellando, come su una tela, paesaggi sonori contrastanti. Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me è il disco più sensitivo e sensuale dei The Cure in grado di celare sotto i parametri sgargianti di quei pezzi di più facile ascolto, le tenebre che bussano alla porta e riportano la band sulla scia del masochistico espresso ad esempio con Pornography. E Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me, mettendo finalmente da parte quella sorta di inquietudine e rassegnazione che avevano caratterizzato le precedenti produzioni, porta i The Cure a scrivere, finalmente, un vero e proprio inno alla gioia, una gioa che solo il sesso, la carne e l’amore danno, ma lo fa con una ricerca musicale fuori dai consueti canoni di Smith & C. Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me esprime finalmente una condizione artistica precisa di cosa sia diventata la band inglese sempre più in grado di attraversare territori pieni di rabbia, o momenti di puro romanticismo, ma anche lisergiche atmosfere di matrice velvettiana come lo è Snakepit. Davvero un grande album, se ne sentiva un po’ la mancanza, ma la nostra opinione conta poco, i fatti dicono che i singoli estratti da Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me sono il meglio del meglio della band. Basti pensare ad esempio che Just Like Heaven saranno in molti a rileggerla, da Alvin & The Chipmunks alla punk band dei Goldifinger passando per la cantante pop jazz Edmonson. E poi, la grande versione degli americani Dinosaur Jr, band indie rock più rivolta verso una sorta di country punk psichedelico, molto ispirati da questi The Cure che, comunque, restano unici.

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