Metamorfosi – Inferno

Con ben cinque album all’attivo, i Metamorfosi hanno rappresentato uno dei passaggi clou del progressive italiano contribuendo in modo considerevole al suo sviluppo. Dopo la pubblicazione, nel 1972, di … E Fu Il Sesto Giorno, esordio della band, i Metamorfosi si pongono all’attenzione del pubblico con un concept album che è interamente ispirato al poema di Dante, fortemente attualizzato considerato che in Inferno vengono trattati anche argomenti come la droga ed altro. Tutto il disco, come si confaceva all’epoca, è praticamente dominato dal tastierismo – a volte eccessivo – di Enrico Olivieri che è da supporto alla evocante voce di Spilateri musicista dalla forte presenza scenica. L’album che a scapito di equivoci è uno dei capolavori del periodo,  è anche un caposaldo del progressive italiano dal quale non se ne può prescindere, un disco che ancora oggi non ci si stanca di ascoltare con entusiasmo. Ognuna delle sedici tracce contenute in Inferno rappresenta i vari cerchi che Dante raccontò nella sua Divina e, passando all’aspetto prettamente musicale già si nota in apertura con Introduzione, di fronte a che genere di band e di opera ci si troviamo. Infatti, la variazione tra chitarre e tastiere sono la base di tutto un lavoro che ha dato il la a questo concept album. All’epoca della pubblicazione i Metamorfosi furono sottovalutati probabilmente per la forte influenza nel rock progressive italiano di gruppi come la P.F.M., Banco ed Orme, ma a differenza di tante altre band il pregio dei Metamorfosi fu quello di non emulare gruppi sia del panorama rock italiano né di quello anglosassone ma di trarne, per quanto possibile, ispirazione. Lo dimostra proprio questo Inferno che è un album fondamentale per capire la strada percorsa dal rock progressivo in Italia. E la lettura del disco è di facile comprensione anche per quella sagacia con cui sono utilizzati sia l’organo, che solennemente prepara il terreno ai testi, e  del sintetizzatore capace di alternarsi con clavicembali, pianoforti e così via; insomma le tastiere come terreno fertile dove inserire la narrazione di questo concept che spesso e troppe volte è stato sottovalutato. Eppure per una band degli anni settanta non era usuale passare dal classico all’hard rock, ma anche ad un bel jazz come quello che ritroviamo in Sfruttatori e che riteniamo essere uno dei migliori pezzi dell’intero album. Inferno è a tutt’oggi un disco che mantiene una sua modernità grazie a quel tocco di jazz e pura avanguardia, un disco fondamentalmente di progressive davvero grande che non ha nulla da invidiare ad altri prodotti stranieri per la grande tecnica posseduta dai vari componenti i Metamorfosi. Il progressive di questa band è davvero originale, forse a volte influenzato da tocchi emersoniani, ma per fortuna poco contaminato dalla presenza di quest’ultimo tuttavia, in Inferno c’è una ricerca di originalità che solo poche band italiane possono vantare, uno di questi sono i Metamorfosi.

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