Paolo Siani ft. Nuova Idea – The Leprechaun’s Pot Of Gold

E’ stato pubblicato per la Black Widow Records il nuovo lavoro di Paolo Siani che in questo The Leprechaun’s Pot Of Gold si propone con la Nuova Idea, band genovese e storico nome che ha contribuito allo sviluppo del progressive italiano. Siani, prima di realizzare questo suo nuovo album, che segue il bel Faces with no traces del 2016, ultimo in ordine di tempo dopo l’esordio solista con Castles, wings, stories and dreams’ del 2010 ci propone la fine della trilogia fin qui proposta dal musicista che ha sempre percorso le strade del progressive rock più puro. Sin dall’apertura di Leprechaun’s Pot Of Gold si capisce con immediatezza l’aria che tira; infatti, Standing alone si presenta sin dall’inizio con un rock progressivo davvero interessante, dove le parti di chitarra, ben miscelate all’organo Hammond di Giorgio Usai, propongono anche un mix di melodie davvero interessanti. La voce poi, che in questo brano è prestata da Anthony Brosco, dà maggiore enfasi a tutto il pezzo che è davvero un’anticipazione ghiotta di quanto troveremo continuando ad ascoltare Leprechaun’s Pot Of Gold. Ed infatti, l’apertura di sassofono con cui si apre Inflate Your Veins, è il prologo ad un brano che sembra essere melodico ma in realtà è un rock che appassiona come solo il buon Siani sa proporre. L’atmosfera che in apertura si presenta soffice, si muove verso un sound che varia tra il progressive più conosciuto ed uno stile di psicheledìa alla maniera dei vecchi Floyd, anche se poi tutto scivola su linee decisamente prog con batteria e tastiere che sono le vere regine del pezzo, un brano che richiama anche ritmi alla Jethro. Il pezzo seguente, quello che dà il titolo all’album The Leprechaun’s Pot Of Gold è decisamente elaborato, forse anche un po’ troppo data la presenza di una voce manipolata che sembra scaturire da un robot; peccato perché qui ci saremmo aspettati di più considerati i precedenti pezzi, ed invece sembra esserci addirittura una caduta di stile che non giova alla totalità del lavoro. Per fortuna giunge Statue Of Wax che anche se usa ancora i campionamenti vocali della precedente è certamente migliore (probabilmente con voci normali il pezzo sarebbe stato ancora più efficace) e più interessante. Con Lord Brummel lo stile prettamente pop diventa drammatico e tende a richiamare atmosfere di stampo tribale che non stonano affatto ma danno al pezzo un’enfasi unica e certamente gradevole. Con Walking On The Limit si ritorna al buon vecchio melodic prog con un’atmosfera che se in apertura sembra richiamare i vecchi pastorali in realtà si dimostra, nel proseguo, essere pienamente centrata e ben architettata al punto da essere, almeno per noi, uno dei brani più interessanti di Leprechaun’s Pot Of Gold. E questo accade anche con Time To Play che nonostante la presenza di voci sempre più protagoniste ci propone un rock di buona fattura, quasi ricercato, tant’è che il pezzo in parola ha nella complessità della struttura tutto il segreto di un brano che non ci si stanca mai di ascoltare. Il ritorno a Standing Alone questa volta è proposto con la voce di un altro ospite che presta la propria voce, Paul Gordon Manners, noto per essere anche un buon arrangiatore ed ex membro di diverse band italiane. Comunque sia tra questa versione e quella con Anthony Brosco non sembrano esserci diversità sostanziali ma solo la riproposizione di un’ospitata. Chiude We’re Going Wrong che non è altro che una cover del lavoro dei Cream, Disreali Gears, scritta dal compianto Jack Bruce. Di questo pezzo resta la convincente sezione musicale dove la chitarra di Nick Carraro e le tastiere riportano a quel sound anni settanta che tutti noi (almeno quelli della mia età) conosciamo bene. Peccato per la presenza delle voci manipolate presenti in pezzi quali The Leprechaun’s Pot Of Gold e Statue Of Wax, perché un album come Leprechaun’s Pot Of Gold meriterebbe un po’ di più.

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