Perigeo – Genealogia

Il terzo album del Perigeo, Genealogia, ci presenta una band che abbandona le atmosfere quasi da brevetto che avevamo ascoltato in Azimut e in Abbiamo Tutti Un Blues Da Piangere, a favore di un approccio più tradizionale alla fusion. Nonostante ciò, Genealogia, è ancora un album bello, probabilmente molto più semplice ed estemporaneo rispetto a quello precedente pubblicato nel 1973 anche se questo è poi, per le atmosfere contenute, un album molto più caldo dal punto di vista musicale. Di certo, e secondo la nostra modesta opinione, Genealogia, ha un approccio armonico che sostanzialmente si avvicina di più alla musica rock anche se fa sempre da sfondo il ricco linguaggio dell’improvvisazione a cui la band è abituata. Nessun altro gruppo italiano, andando indietro con la memoria, è comunque stato in grado di proporre un sound così ben elaborato nell’improvvisazione, né tanto meno è possibile fare dei confronti con mostri sacri come i Soft Machine o i Nucleus, ma il Perigeo si è sempre connotato per il suo personalizzare un sound che, pur pescando in matrici d’oltreoceano, si mantiene su linee tipicamente da italian style. Che poi siano strumenti come il moog o il sax a rendere ciò possibile…il sound del Perigeo non è mai freddo o artificioso, ma frutto di una estemporaneità unica. E la musica proposta in Genealogia è colma di passaggi jazz rock che si avvicinano con maestria sia al progressive che alla fusion; ed a conferma di ciò è sufficiente qui ascoltare attentamente pezzi come (In) Vino Veritas, brano davvero molto intenso, o Polaris che sfodera atmosfere da kraut rock. Ma la capacità di spaziare in altri lidi sonori da parte del Perigeo la si può trovare anche in Torre Del Lago o Monti Pallidi in cui la vena romantica della band diventa immediatamente riconoscibile per quella ricercatezza di suoni ed atmosfere che navigano tra malinconia e spiritualità. Con Genealogia il Perigeo raggiunge il suo apice creativo anche se il loro approccio jazzistico rimase sempre abbastanza sofisticato tanto da poter affermare che la loro musica fu il primo vero esempio di un ethno-jazz-rock di stile evolutivo in cui non si disdegnava mai la passione per la fusion. Lo dimostrano in Genealogia la perfetta miscela degli elementi acustici ed elettrici realizzati con gusto, quasi a suggellare la continua ricerca tra classico, funk, rock, le influenze folk e jazz. Ed infatti se si analizza ognuna delle nove tracce che vi sono incluse, si parte con la title track che apre con una chitarra acustica molto jazzata sulla cui scia si inserisce un pianoforte dai toni tipicamente folkeggianti che naviga tra un bell’assolo di basso ed l’inserimento del moog, un insolito modo interpretativo che pone l’album della band come l’assoluta novità del periodo. Con Polaris invece ad apparire è il funky-jazz elettrificato che dimostra come gli strumenti possano essere manipolati a piacimento dei musicisti, mentre con Torre Del Lago l’atmosfera torna ad essere tranquilla grazie ad una bel acustic style intriso di arpeggi al pianoforte ed un cantato che sembra essere quasi una vera e propria pastorale. Via Beato Angelico si presenta come una vera e propria colonna sonora mentre con Monti Pallidi la fusion diventa davvero ispirata come non mai. Con Grandi Spazi, il Perigeo tocca gli apici della spazialità quasi un distacco dalle precedenti atmosfere prima di entrare con Old Vienna in un groove jazz che marcia in 6/8 pieno di riverberi. Chiude Sidney’s Call che partendo da un’introduzione da pastorale si avvia in atmosphere da jazz rock dove la batteria di Biriaco è davvero protagonista. Ma il pezzo, come non ti aspetti mai, riporta all’atmosfera introduttiva di questo splendido Genealogia concepito con tutti i carismi di una musica che proiettano i Perigeo nell’olimpio delle band più interessanti del panorama jazz rock italiano degli anni settanta.

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