Arti & Mestieri – Tilt

Gli Arti & Mestieri nascono in pieno periodo d’oro del progressive rock con un esordio che avviene al Festival di Re Nudo nel 1974. La band in cui milita Furio Chirico, che diventerà uno degli artisti più influenti del panorama italiano, ha alla base un sound che gioca tra atmosfere prog e quel jazz quasi di matrice crimsoniana che nel periodo pareva dettare legge. Sono di quel periodo infatti album che hanno scritto la storia di questo genere, e tanto per citarne alcuni ci riferiamo a Starless And Bible Black dei King Crimson e The Lamb Lies Down On Brodwaydei Genesis. Ma per il rock italiano Tilt è sin da subito un album che segna una strada diversa dallo straripante prog perché è un album dal sound forte, d’impatto, splendido perché concepito come un intreccio di generi che solo bravi musicisti come gli Arti & Mestieri hanno sempre saputo fare. E ciò rende quest’album un vero e proprio classico dei classici, un po’ come lo fu quell’esordio fulminante del Re Cremisi che tanti idolatrano, che non ha eguali sì, ma che in lavori come questo Tilt hanno eredi di spessore. Qui il prog non è solo tale, infatti con Tilt siamo quasi ai confini di un’avanguardia senza eguali, e per il periodo una vera e propria gemma che un certo Bill Bruford, a proposito del modo di suonare di Furio Chirico, definì “fantastico”. Gli Arti & Mestieri con questo disco dimostrano di essere una band di ricerca, di audacia perché è evidente dalle musiche che i musicisti amano viaggiare tra il jazz rock degli albori a quel prog neonato che si mantiene un po’ a distanza da alcune atmosfere coltraniane qui abbastanza presenti. Eppure anche se il jazz rock è il cardine di un lavoro sopraffino che definiamo, a giusta ragione, progressive, tale linea non si lascia inghiottire dalla nuova ondata di genere perché gli Arti & Mestieri hanno una loro precisa identità. Se analizziamo una ad una le tracce, l’apertura affidata a Gravità 9,81 ha tutto il sapore di un pezzo che nasce epicamente e si apre a mutazioni di stampo jazz rock che trascinano in un ascolto piacevole oltre che gradevole. Qui non ci sono rumori rockeggianti ma vere e proprie trasformazioni musicali. Strips è di sicuro uno dei pezzi che si presentano in forma progressive, ma tende ad addolcirsi grazie alla voce di Vigliar, una delle più incantevoli del rock tricolore del periodo, oltre che dirigersi musicalmente, come accade anche per Farenheit verso una struttura di stampo classicheggiante che pesca nella conoscenza musicale composita della band. Gli Arti & Mestieri sono insieme a Napoli Centrale e Perigeo una delle band più interessanti di quella fusion jazz rock, una simbiosi di musica che li avvicina di molto ai Mahavishnu Orchestra grazie alle molteplici combinazioni che creano uno stile musicale dove violino, organo, basso e batteria sono il mantra vero e proprio che li accompagna lungo il loro entusiasmante viaggio, e di Tilt in particolare. Di questo disco c’è solo una cosa che lascia l’amaro in bocca vale a dire la sua breve durata. Ma si sa che le cose belle durano poco e se Tilttemporalmente dura poco non vuol dire che questo non sia poi un lavoro che durerà sempre nel tempo. Ne siamo certi, un disco così lo ascolteranno anche i nostri pronipoti e, come recita il sottotitolo, “Immagini per un orecchio“, può sembrare strano, in realtà è proprio vero che le note provenienti dai solchi del vinile sono di una grandezza unica. Ecco perché è giusto che questo sia un disco al quale non si può rinunciare. 

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